sabato 26 gennaio 2008

Più italiani che europei

"Altro che agenda Giavazzi". "Servono nuove politiche pubbliche". "Difendere il modello sociale europeo". "Rimettere al giusto posto il parossismo finanziario". "Quanta stupida ironia per l'Iri dei panettoni abbiamo avuto negli anni Novanta" (sottinteso: che lo Stato faccia il pasticcere è cosa buona e giusta).
Mi sono 'sintonizzato' su nessuno.tv per ascoltare il convegno di quella che mi sembrava essere la Fondazione dei più avvertiti ed adulti fra i componenti il Partito democratico, e ho sentito queste cose.
Sintetizzo uno dei discorsi più "economici": la politica degli ultimi anni è stata viziata da un bipolarismo "cattivo" e "personalistico", frutto (ovviamente) della presenza di Berlusconi ma anche (e soprattutto) dalla smania di voler trasformare l'Italia seguendo un modello "anglosassone". Ciò era dovuto ad una lettura "ideologica e distorta" della caduta del muro di Berlino. Di lì sarebbe venuto un "consenso" drogato, orientato alla "finanziarizzazione estrema", che sta a monte della crisi attuale, alle "illusioni dell'economia della conoscenza", della "economia del tempo libero", dimenticandosi quanto erano belle le fabbriche e la classe operaia. Tale "consenso" segnerebbe il provincialismo di una cultura politica italiana "provinciale perché subalterna al pensiero dei neo-conservatori". L'intervento si è concluso con un elogio del proporzionale (e della prima repubblica), contro le tentazioni "della democrazia che decide".
Così Roberto Gualtieri, uno dei "saggi" del Pd, che ha parlato subito primo di Massimo D'Alema (e, fra parentesi, ha anche rintracciato nella politica monetaria della Bce un bastione del "modello sociale europeo": interessante incrociare questo commento, con le facce di chi chiede a gran voce un abbassamento dei tassi).
Che dire? Leggendo i giornali, guardando la televisione, sentendo la radio, non mi pare vi sia questo "pensiero unico". Se c'è, non è certo un pensiero unico liberista. E' poi difficile confondere una "lettura ideologica" del crollo del muro con l'unica possibile, che pure agli eredi del pci evidentemente non fa comodo: cioè il crollo di un modello politico basato sulla pianificazione, che mostra le sue crepe pure laddove è applicata in ambiti più circostanziati ma con risultati parimenti fallimentari.
Massimo D'Alema, nel suo intervento conclusivo, parlava di cortocircuito delle classi dirigenti ed incapacità di interpretare i grandi fenomeni. Evidentemente sono realtà che riscontra pure nelle proprie vicinanze.

ps: non che D'Alema sia stato tanto meglio. Mondo "indifeso verso le crisi finanziarie" e "tramonto dell'acritica accettazione del modello neo-liberista". Ancora, come fa a tramontare qualcosa che non è mai sorto? (si riscatta, va detto, quando almeno ammette che "la globalizzazione non è un gioco a somma zero")

UPDATE: qui il discorso di Gualtieri.

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