sabato 31 gennaio 2009

Luoghi comuni al contrario

Luoghi comuni al contrario è un blog piuttosto divertente, la cui mission è esplicita sin dal titolo. Il segreto sta nel fatto che spesso i contrari contengono più verità dei luoghi comuni originari. Questo post di oggi mi pare un esempio eccellente:
La politica è la continuazione della guerra con altri mezzi.
A me piace molto anche questo:
Se voti, poi non hai il diritto di lamentarti.
Quali luoghi comuni al contrario vengono in mente ai lettori di Liberalizzazioni?

venerdì 30 gennaio 2009

Libero tandoori in libera polenta

Massimo Gramellini su La Stampa:
Chissà perché da noi le buone idee non partoriscono libertà, ma divieti. È indubbiamente una buona idea quella di ripopolare i centri storici con negozi e ristoranti che diffondano i prodotti tipici del territorio. Ma è una stupidaggine pensare di realizzarla espellendo dai vicoli i kebab e gli involtini primavera. [...] Il modo migliore per limitare i kebab non è vietarli, ma liberalizzare gli esercizi pubblici, così da mettere i nostri ragazzi in condizione di aprire i loro spacci di porchetta, cotoletta, pane e salame e bagnacauda.
[HT: Altri mondi]

domenica 25 gennaio 2009

Quel che è mio è mio...

Potrebbe essere un po' fuori tema parlare qui del recente sgombero del centro sociale Cox 18, meglio noto come "il Conchetta". Dopo tutto, più che di liberalizzazioni, si tratta di una liberazione.

Ma è interessante prendere atto di un paio di reazioni degli sfrattati. Marysa Moroni, figlia di Primo, ha espresso preoccupazione per la sorte dell'archivio del padre, «proprietà privata mia e di mia madre». I più arditi tra gli occupanti, invece, chiedono addirittura - in spregio del buon senso, oltreché del codice - il riconoscimento dell'avvenuta usucapione dello stabile.

C'è veramente molto di surreale nel bispensiero di questi signori, che esigono la tutela dell'istituto borghese per eccellenza, il diritto di proprietà, non soltanto dopo averne postulato per decenni l'abolizione, ma dopo averlo bellamente calpestato con l'occupazione.

Coloro che urlano, come fanno alcuni energumeni armati di kefiah su Facebook, «riappropriamoci dei nostri spazi, dei nostri diritti, perchè noi non vogliamo una Milano fatta solo di palazzi grigi e di locali costosi!» dovrebbero spiegare (a) cosa facevano quando alle elementari si spiegavano gli aggettivi possessivi, e (b) se abbiano mai pensato all'innovativa soluzione di affittare uno spazio, anziché requisirlo con la forza.

Purtroppo, è sempre valido l'antico adagio: «quel che è mio è mio...».

sabato 24 gennaio 2009

L’anno cinese

L’anno appena concluso è stato certamente segnato dalla crisi del sistema finanziario; le enormi perdite che hanno caratterizzato i bilanci delle più importanti banche a livello planetario hanno mostrato l’inefficienza di talune gestioni.
La soluzione politica trovata, come più volte ricordato, è stata quella di salvare le banche tramite anche ricapitalizzazione pubbliche, rendendo il fallimento un’opzione non possibile e garantendo impunità alle gestioni fallimentari.

Se il 2008 è stato l’anno della crisi finanziaria, il 2009 quasi certamente sarà l’anno della recessione dell’economia. Gli indicatori mostrano che l’ultimo trimestre dell’anno è stato “pesantissimo” per tutte le economie, con tassi di decrescita del prodotto Interno Lordo che potrebbero toccare anche punte del – 5 per cento; inoltre l’anno appena cominciato non promette nulla di buono. Nel complesso la Commissione Europea prevede un PIL in diminuzione del 2 per cento in Europa.

La soluzione di molti Governi è stata quella di fare politiche di deficit spending, provocando buchi di bilancio statali che potrebbero raggiungere il 10 per cento in molti paesi occidentali. La Germania, paese leader dell’Unione Europea, potrebbe chiudere con deficit sotto la soglia del 3 per cento, nonostante “gli aiuti” promessi da Angela Merkel.
La Gran Bretagna, uno dei paesi più colpiti dalla crisi invece, dovrebbe chiudere con un “buco” di quasi nove punti percentuali; il “vantaggio” del Regno Unito è quello di non fare parte dell’Euro e può quindi utilizzare la svalutazione della propria moneta come ulteriore arma in risposta della crisi. Tuttavia come insegna l’Italia, la svalutazione competitiva non è un’ottima arma perché non permette alle aziende di ristrutturarsi in periodi di crisi e a medio termine è presente il rischio concreto che tale arma diventi a “doppio taglio”.
Se la Germania è relativamente parca nel deficit spending, altri Stati dell’Unione Europea non hanno lo stesso atteggiamento.
Non è un caso che la crisi sta portando a spread sui titoli decennali molto elevati verso Paesi quali la Grecia, l’Irlanda o il Portogallo e anche la stessa Italia che risente di un debito pubblico troppo elevato.

Se il 2009 è un anno difficile dentro l’Unione Europea, i maggior problemi potrebbero invece derivare dall’economia che più è cresciuta negli ultimi decenni: la Cina.
Nel paese asiatico, dopo la liberalizzazione economica voluta nel 1978 da Deng Xiao Ping, la crescita economica è stata quasi sempre continua per circa 30 anni, portando fuori dalla povertà decine di milioni di cinesi. Nell’ultimo trimestre del 2008 il gigante asiatico ha visto il rallentamento del PIL fino al 6,8 per cento; questo dato, così eclatante per le economie occidentali, per la Cina in realtà è un dato molto preoccupante. Ora, la Cina necessita di una crescita economica continua per soddisfare i milioni di persone che dalle campagne vanno a cercare lavoro nelle grandi città, ma se la crescita si ferma c’è il rischio di insorgenza di gravi problemi, non solo per i cinesi, ma per tutto il mondo.
La crescita annua è stata superiore al 9 per cento nel 2008, ma il 2009 potrebbe essere l’anno della frenata cinese, con il Pil che potrebbe arrestarsi.
Altri indicatori che arrivano dall’Asia sono preoccupanti; l’export giapponese è caduto gravemente nell’ultimo trimestre, la Corea del Sud sta entrando in recessione e il quadro nell’economia asiatica è molto fosco. La Cina, che commercia sempre più con i partner della zona risentirà certamente della recessione dei paesi vicini.

L’ultimo rallentamento economico in Cina si è avuto dopo 10 anni di crescita continua ed è coincisa con la prima protesta organizzata culminata nei tragici fatti di Tienanmen. Alcuni studi indicano che c’è una certa correlazione tra libertà economica e libertà civile, ma questa correlazione diventa presente ed evidente solo nel momento in cui si evidenzia una crisi economica.
Il 2009 forse vedrà finalmente l’aumento delle libertà civili in Cina, ma c’è il concreto rischio di una forte instabilità nel paese asiatico che potrebbe portare a delle conseguenze molto gravi.

Cosa si può fare? In questo periodo di crisi e di contrazione dell’export è necessario abbassare tutti i dazi doganali e le barriere esistenti nel commercio internazionale. Solo in questo modo si può sperare che le esportazioni possano riprendersi il più velocemente possibile. Alzare le protezioni potrebbe aggravare maggiormente la crisi ed è bene ricordare che negli anni ’30, la “Grande Depressione” fu peggiorata dall’innalzamento delle barriere doganali e la conclusione fu una terribile guerra mondiale.

La prossima riunione del G8 deve quindi dare l’impulso alla ripresa del Doha Round affinché si liberalizzi il commercio internazionale piuttosto che imporre un’altro eccesso di regolazione.

Vediamo se Barack Obama, assistito dall’Europa, sarà in grado di assicurare il cambiamento promesso e necessario.

martedì 13 gennaio 2009

L'Italia? Moderatamente libera

Lo afferma l'edizione 2009 dell'Indice della libertà economica, redatto dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal in collaborazione con una rete di think tank tra cui, in Italia, l'Istituto Bruno Leoni. Qui il comunicato IBL, qui la scheda relativa all'Italia, qui il testo integrale dell'Index.

domenica 4 gennaio 2009

Obama il liberalizzatore

Il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, porterà la rinascita delle libertà in America? Bé, a giudicare dalle sue promesse (o minacce) di "green deal" e piani quinquennali, proprio no. Ma c'è almeno un punto su cui il nuovo inquilino della Casa Bianca potrebbe, quantomeno simbolicamente, ingranare una doverosa retromarcia: il fumo. Obama, che nelle sue abitudini personali è senza dubbio un "salutista", è anche un fumatore moderato ma convinto, da tre a otto sigarette al giorno. Sarà in grado di convivere con la regola oscurantista che vieta il fumo in tutti i locali della Casa Bianca, compreso lo studio ovale? Come ho scritto sul Secolo XIX di ieri, c'è da sperare di no. Anche perché la regola, voluta da Hillary Clinton la quale, da first lady, ebbe da confrontarsi con ben altri sigari, è davvero stupida e incivile, oltre che non necessaria. E' solo l'apice di una crociata moralistica, per cui chi sta più in alto deve dare il presunto buon esempio. Se Obama sarà in grado di spezzare questo cerchio proibizionista, porterà negli Usa un "change" davvero importante. E sarebbe un bel regalo agli animatori della International Cohalition Against Prohibition, un gruppo di organizzazioni per le libertà civili che hanno organizzato un grande evento a Bruxelles, il 27-28 gennaio, presso il Parlamento europeo, per dire no al nuovo proibizionismo. Si tratta di un appuntamento importante a cui sarebbe utile partecipare, per mandare un messaggio a chi, da Bruxelles e dalle capitali degli Stati membri della Ue, ha deciso di preoccuparsi dei fatti nostri. Il messaggio è semplice: fatevi i fatti vostri.