martedì 29 aprile 2008

Certe cose non hanno prezzo...

... ma l'acqua non è una di queste. Assegnare diritti di proprietà commerciabili alle risorse idriche è l'unico modo per riconoscere il valore reale di beni così importanti ed assicurarne usi al contempo efficienti e sostenibili. Un'ipotesi futurista? Nient'affatto. Peter Brabeck-Letmathe, chairman e chief executive di Nestlé, e membro fondatore del World Economic Forum, spiega che in Oman lo fanno da 4500 anni:

lunedì 28 aprile 2008

Scampato pericolo

Per ora, almeno. Certo un motivo di più per completare immediatamente la privatizzazione di Terna.

giovedì 24 aprile 2008

Leader politici (Dizionario dell'Italia)

Passate le elezioni è venuto il momento di aggiornare il Dizionario dell'Italia con i nominativi dei nostri leader politici (sopravvissuti o naufragati il 13 aprile). In rigoroso ordine da sinistra a destra e rispettando una doverosa par condicio della satira:

Bertinotti. Compagno infausto.
Veltroni. L'insostenibile leggerezza della politica.
Di Pietro. Manette pulite.
Casini. Non Centro più.
Berlusconi. Il leader politico di cui l'(Al)Italia non aveva proprio bisogno.
Fini. Attrazione fatale per (il popolo del)le libertà.

Dimenticavo:
Bossi. Umberto Boxe.

Alitalia: un ponte verso l’ignoto

Il Consiglio di Amministrazione dell’8 Aprile di Alitalia ha evidenziato che la corsa della compagnia sta per finire. A fine Febbraio, la disponibilità finanziaria netta a breve era di soli 33 milioni di Euro. Per arrivare alle elezioni ed evitare un commissariamento in piena campagna elettorale, Alitalia ha dovuto vendere a Fintecna, compagnia di proprietà pubblica, il pacchetto di azioni di AirFrance per circa 79 milioni di Euro.

Il ministro dell’Economia uscente Tommaso Padoa Schioppa, nella conferenza stampa del 22 Aprile, nella quale veniva ammesso il decreto legge con un prestito ponte di 300 milioni di Euro, ha affermato che il “carburante” per Alitalia è finito.

Dopo il ritiro di AirFrance, la situazione è così sintetizzabile:

  • Il prestito ponte, se andasse in porto, darebbe i soldi necessari alla compagnia per arrivare alla fine dell'anno... l'ennesimo salvataggio di Stato
  • Si creerà successivamente una cordata ad hoc, che al momento attuale non si è ancora palesata, e dove gli equilibri sindacali politici non verranno modificati (da notare che entrambe le cordate italiana e russa sono soluzioni relazionali)
Cambierà l'azionariato, ma non cambierà quasi nulla della gestione non privatistica dell'azienda come affermato anche da Carlo Toto, patron di AirOne. Questa compagnia italiana, con circa lo 0,8 per cento della quota di mercato passeggeri europea, non pubblica dati di bilancio sul proprio sito internet ed ha il load factor tra i più bassi tra le compagnie aeree europee; il coefficiente di riempimento di AirOne è del 60 per cento, 15 punti percentuali meno di Alitalia.

La soluzione più semplice, la migliore per il mercato e per gli italiani, non viene nemmeno presa in considerazione; tutto questo perchè siamo in Italia, dove non è possibile commissariare Alitalia in quanto altrimenti ci sarebbero problemi di ordine pubblico e non sarebbe garantita la continuità territoriale (come dice il decreto legge del prestito ponte di 300 milioni di Euro ignorando tra le altre cose l’esistenza degli oneri di pubblico servizio).
Speriamo che l'Unione Europea vieti il prestito e Alitalia subisca il destino che le compete: il commissariamento.

mercoledì 23 aprile 2008

Interesse nazionale (Dizionario dell'Italia)

E' nell'interesse del consumatore nazionale il trasferimento della proprietà delle utilities dal settore pubblico italiano a quello privato straniero.

Trattandosi di servizi prodotti sul 'territorio', non delocalizzabili, essi continuerebbero a essere realizzati da lavoratori italiani guidati da manager italiani. L'unico input d'importazione sarebbe dato dalle regole straniere (del mercato), totalmente estranee al nostro capitalstatalismo relazionale. E' esattamente ciò di cui abbiamo bisogno: l'italianità delle utilities altro non è che un bel nome appioppato ad extracosti che noi consumatori non ci possiamo più permettere di pagare attraverso extraprezzi.

La soluzione per Alitalia



Hat tip: Presa Diretta.

martedì 22 aprile 2008

Governo prossimo venturo (Dizionario dell'Italia)

Governo prossimo venturo. Governo formato solo da 12 ministri di cui 15 della Lega.

'Prestito' Alitalia (Dizionario dell'Italia)

'Prestito' Alitalia. Finanziamento temporaneo dei contribuenti italiani i quali si impegnano a restituirlo ad Alitalia alla scadenza.

Perché i contribuenti dovrebbero 'prestare' altri soldi ad Alitalia?

Perché i contribuenti dovrebbero 'prestare' altri soldi ad Alitalia, dopo tutti quelli dati a titolo definitivo negli ultimi quindici anni?
Dopo che Air France, primo vettore mondiale e unico interessato a cimentarsi nel compito improbabile di trasformare Alitalia in una compagnia aerea, è stata messa in fuga dal pressapochismo coordinato delle organizzazioni sindacali e di primari esponenti politici, il contribuente viene ancora una volta chiamato al capezzale finanziario dell'azienda tricolore per un 'prestito ponte'. Ma 'ponte' verso cosa?
Di solito una soluzione ponte è qualcosa di transitorio in vista di una soluzione definitiva che è nota ma non praticabile al momento. In questo caso tuttavia l'unica soluzione definitiva prevedibile è il fallimento della compagnia, ottima ragione per non metterci altri soldi e soprattutto per non farli mettere ad altri, i contribuenti, che non hanno la possibilità di rifiutarsi.
Mi sento pertanto di consigliare al governo uscente di fare almeno una volta la cosa giusta: non fare più assolutamente nulla, lasciando tutte le parti in causa con le rispettive irresponsabilità. Anche in economia è opportuno evitare gli accanimenti terapeutici.

domenica 20 aprile 2008

Servizio universale (Dizionario dell'Italia)

Servizio universale. Foglia di fico sui costi inefficienti dello Stato imprenditore.

sabato 19 aprile 2008

Servizio pubblico (Dizionario dell'Italia)

Servizio pubblico. Disservizio universale.

venerdì 18 aprile 2008

Barone universitario (Dizionario dell'Italia)

Barone universitario. Collezionista di cattedre.

(Il barone universitario è facilmente riconoscibile: poichè non si separa mai dalle sue cattedre, è costretto a spostarsi in tir da un convegno all'altro)

giovedì 17 aprile 2008

Rivoluzione (Dizionario dell'Italia)

Rivoluzione. Svolta storica a 360 gradi.

mercoledì 16 aprile 2008

Liberalizzazione (Dizionario dell'Italia)

Liberalizzazione. Sostituzione dei divieti normativi che impediscono il libero accesso ad un mercato con ostacoli di altra natura ed equivalente efficacia.

Forza Alemanno

Ragazzi, accendete un cero alla Madonna e sperate. Più Alemanno è a Roma (in comune), meno Alemanno è a Roma (al governo).

La novità vera di queste elezioni

C'è poco da fare: è questa. Come scrivono (in mezzo a cose forse meno condivisibili) Andrea Moro e Michele Boldrin su NFA, "l'estrema sinistra avrà finalmente il ruolo che le compete: quello di evanescente punzecchiatore extraparlamentare. Un ruolo utile ma limitato". A parte l' "utile", sottoscrivo.
Gli italiani hanno dimostrato di non essere tanto preoccupati del "precariato", di non vedere la flessibilità del lavoro come la peste dei nostri tempi, di non lasciarsi conquistare da chi suona ancora la cetra della lotta sociale. Una, cento, mille leggi Biagi.

lunedì 14 aprile 2008

Colbertismo (Dizionario dell'Italia)

Colbertismo. Interventismo pubblico in stile francese con truppe burocratiche in stile italiano.

(In sostanza è come se si perseguissero gli obiettivi di Air France avendo a disposizione solo Alitalia)

domenica 13 aprile 2008

Pubblico & Privato (Dizionario dell'Italia)

Privato. Perseguimento involontario di obiettivi collettivi con mezzi privati.
Pubblico. Perseguimento volontario di obiettivi privati con mezzi collettivi.

Elezioni: io sono qui

Federalismo (Dizionario dell'Italia)

Federalismo. Statalismo su scala locale.

"Il mio grosso grasso matrimonio italiano" (con "Fuga per la vittoria")

Una commedia come "Il mio grosso grasso matrimonio italiano". Ecco a cosa somiglia la vendita di Alitalia secondo l'azzeccata definizione di Evan Sparks su Forbes. Che non lesina le stoccatine a Silvio Berlusconi, le cui dichiarazioni sulla compagnia di bandiera rischiano di trasformare la commedia in farsa.

Tra gli argomenti prediletti, v'è quello un po' naif secondo cui un'Alitalia francese dirotterebbe «i cento milioni di nuovi ricchi di Russia, Cina ed India dalle nostre città d'arte verso il Louvre o i castelli della Loira». Il Cavaliere, insomma, non vuol saperne di accompagnar la sposa all'altare.

Sfortunatamente, la sua tesi fa acqua da ogni parte. Chi caccia i soldi di tasca solitamente non perde tempo col Risiko. L'avventura di Ryanair, per fare un esempio, sarebbe poca cosa se fosse rimasta circoscritta all'isoletta di pescatori da cui è partita. E se Berlusconi stesso avesse ragionato come accusa Spinetta di predisporsi a fare, ci avrebbe negato Heather Parisi ed Ainett Stephens ed avrebbe preferito Schillaci a Van Basten. Apparentemente, tra politici ed imprenditori c'è ancora qualche differenza non trascurabile - persino se il politico e l'imprenditore sono la stessa persona.

Per converso, non osiamo immaginare cosa sarebbe accaduto se il governo brasiliano avesse custodito Ronaldinho con la medesima ridicola determinazione con cui il centrodestra italiano presidia Alitalia. Grazie a Dio, i giornali c'informano che il pericolo è scampato e nulla o quasi osta allo sbarco del trequartista in rossonero. Più che grazie a Dio, Silvio gratias.

Morale (elettorale): se non ha funzionato amministrare il paese come un'azienda, perché non gestirlo come la squadra di calcio più titolata al mondo? Uno come Coco lo si vende, non se ne fa una questione di orgoglio. E se anziché con Moratti ti capita di trattare con Spinetta tocca pure non fare gli esosi.

sabato 12 aprile 2008

Authority che passione

Primo dei miei interventi "paleo" fuori dal coro (ma non troppo, spero).
Liberalizzare liberalizzare ... si ok però, mi sono sempre chiesto tra me e me, non sarà che cadiamo dalla padella alla brace? Voglio dire, una volta "liberalizzato" un dato mercato, andrà esso "regolato" a suon di Authority, come da declinazione vigente del liberismo de'noantri? Eh si mi vien detto, altrimenti chi difende il Consumatore ... Da che cosa? Dal Mercato stesso?

Insomma, il mio problema è che ho sempre nutrito una sana diffidenza delle Agenzie para (o pseudo) governative: mi hanno sempre dato l'impressione di essere la prova dell'esistenza tra noi di un alieno chiamato "liberismo di sinistra" alla Giavazzi. Solo che, non essendo uno studioso, ho sempre abbozzato: ci sarà sicuramente qualcosa che mi sfugge..
Invece trovo che non da oggi qualcun altro si poneva le mie stesse domande e si dava risposte dal mio punto di vista sconsolantemente veritiere.
In Antitrust and Monopoly: Anatomy of a Policy Failure, Dominick Armentano esaminava nell'ormai lontano 1997 ben 55 casi di imposizioni del mitico, divinizzato, paradigmatico antitrust americano.
La conclusione è che in ogni singolo caso esaminato, le aziende accusate di monopolismo nella realtà stavano abbassando i prezzi, espandendo la produzione, stavano portando innovazione e in generale la loro azione era positiva per le tasche e le opzioni dei consumatori.
Senza contare che in molti casi dette sentenze causarono direttamente la chiusura o il ridimensionamento di realtà importanti e innovative, come nel caso Pan American.
La General Motors stessa, tra il 1937 e il 1956 temeva così tanto l'Antitrust che si diede la regola di non superare mai, per nessun motivo, il 45% di mercato in qualche segmento delle sue vendite.
In sostanza, Armentano dimostrava che un anti trust efficiente e interventista nella realtà aiuta le aziende meno efficienti e competitive di un dato mercato, a scapito delle più innovative.
Chissà se al celebrato Mario Monti, uno dei migliori interpreti del liberismo "Authoritario" à la Bruxelles, non staranno fischiando le orecchie ...

venerdì 11 aprile 2008

Tremonti (Dizionario dell'Italia)

Tremonti. Abbondanza di rilievi, carenze di profondità.

Mercato postale: la ricetta è liberalizzare

Uno dei rari motivi per rimpiangere il governo Prodi è la posizione costruttiva e di buon senso che il ministro Gentiloni andava maturando sul mercato postale. E' certamente auspicabile che il prossimo Ministro delle Comunicazioni non arretri rispetto alle determinazioni del predecessore in materia, ed anzi cominci a tramutarle in azione concreta.

Rimane, però, lecito dubitare che ciò possa avvenire qualora le urne incoronino - come pare inevitabile -un partito per il quale i 14.000 dipendenti di Poste Italiane rappresentano tradizionalmente un bacino elettorale amico ed il cui ministro dell'economia in pectore mira ad ambientare nell'azienda le sue più turpi perversioni stataliste.

E' questo scenario a rendere ancor più prezioso l'interessantissimo convegno ospitato dal CRIET (con la puntuale supervisione di Ugo Arrigo) lo scorso 7 aprile. Le conclusioni dei relatori convergono sulla necessità di aprire il settore, privatizzando il privatizzabile e rimuovendo tutti gli ostacoli normativi che impediscono lo sviluppo di una competizione effettiva. Non possiamo definirla una sorpresa per i lettori di Liberalizzazioni. Ma si trattà di ovvietà che è drammaticamente necessario ribadire.

giovedì 10 aprile 2008

Ecopass (Dizionario dell'Italia)

Ecopass. Sistema di pedaggio finalizzato a garantire congestioni ecocompatibili del traffico nel centro storico di Milano.

mercoledì 9 aprile 2008

Competizione politica 2008 (Dizionario dell'Italia)

Competizione politica 2008 (*). Parodia di 'La guerra lampo dei fratelli Marx'.

(*) Dall'exit di Mastella dal governo, alla 'cordata' tricolore per Alitalia, alla riammissione della DC, alle 'uscite' sul Quirinale, alle teorie sulle femmine più belle.

Gli effetti miracolosi dell’Ecotass

L’Istituto Bruno Leoni ha spiegato bene perché una congestion charge è diversa dall’Ecopass milanese nel libro “Ecotassa”. Gli interventi puntuali e supportati ampiamente da dati di Francesco Ramella, su diversi quotidiani quali Libero Mercato e il Sole 24 Ore, hanno confermato e mostrato questa differenza.

Nella valutazione dei dati del Comune di Milano, come mi segnalava il mio collega economista ed ingegnere Fabio Bianchi, c’è inoltre un piccolo aggiustamento del periodo di riferimento.
I dati di traffico del 2008 non vengono comparati con lo stesso periodo del 2007, ma bensì con dei dati a fine Ottobre ed inizio Novembre del 2007, dove il traffico milanese è il più intenso dell'anno in media…

Sul Corriere della Sera dell’8 Aprile, vengono inoltre riportati i dati della diminuzione dell’inquinamento.

Pongo solo una domanda provocatoria: ma è mai possibile che ad Arese, 16 km a nord-ovest del capoluogo lombardo, dove peraltro non vige l’Ecopass, si sia avuta nel mese di Marzo una diminuzione maggiore dei giorni con l’inquinamento sopra la soglia limite che a Milano ?

Forse la pollution charge non è efficace?

martedì 8 aprile 2008

Nazionalismo economico (Dizionario dell'Italia)

Nazionalismo economico. Mantenere l'italianità delle perdite di Alitalia.

L'ospite di Aprile

Anche questo mese (con un po' di ritardo, mea culpa!) abbiamo un ospite, che si descrive così:
"Abr è un nè giovane nè vecchio first line manager di una multinazionale hi-tech, ove dà sfogo ai suoi istinti turbo capitalisti globalizzatori. Per contrappasso e terapia quando può blogga su Nequidnimis, tumblra su Abr's No Comment e rugbyggia su RightRugby. Ovunque evita argomenti che conosce professionalmente, dedicandosi al sano approfondimento dilettantistico essendo libero da scrupoli accademici. I suoi temi politico sociali favoriti sono le Libertà, l'Identità dalla genetica alla storia dei Popoli e la realizzazione dello Stato Minimo."
Benvenuto!

Alitalia Cargo (Dizionario dell'Italia)

Alitalia Cargo. Aerei merci che viaggiano pieni zeppi di piloti.

domenica 6 aprile 2008

Gara (Dizionario dell'Italia)

Gara. Competizione nella quale l'ordine di arrivo è definito in partenza.

Addio a Charlton Heston


Charlton Heston, scomparso ieri notte nella sua residenza di Beverly Hills, è stato un grande. Non solo un grande attore, protagonista di film destinati a restare. Anche un grande attivista per i diritti civili: nel 1997, infatti, ha assunto la presidenza della National Rifle Association, la maggiore associazione americana a difesa del diritto a detenere e portare armi, sancito dal Secondo emendamento alla Costituzione. Per Heston, questa è "la nostra prima libertà", in quanto rappresenta la garanzia ultima che l'individuo ha il diritto e la facoltà di difendere ciò che è suo - la vita, la sicurezza, la proprietà - contro qualunque malintenzionato, pubblico o privato. Ci piace pensare che, da Lassù, Charlton Heston stia ancora scandendo le parole pronunciate il 14 settembre 1997 davanti al National Press Club: "Non posso stare a guardare mentre un diritto garantito dalla Costituzione viene attaccato da quelli che non lo capiscono, non ne gradiscono il suono, o si ritengono filosoficamente disgustati per il fatto che esso è il primo tra eguali: perché è il diritto a cui ci rivolgiamo quando tutti gli altri falliscono".

Austrian methodology for dummies

Nella dodicesima puntata della sua bella introduzione alla Scuola Austriaca, Pietro Monsurrò si sofferma sul metodo e sulla cruciale distinzione tra Teoria e Storia, a cui si era - indegnamente - fatto cenno su questo blog (1, 2, 3 e relativi commenti) - scatenando un vespaio. Un must read!

I veri azionisti di Alitalia

Chiunque abbia seguito con un minimo di attenzione le ultime vicende di Alitalia avrà sicuramente percepito che la vera trattativa per la cessione dell'azienda non è stata quella tra Air France e Tesoro bensì quella immediatamente successiva tra Alitalia e organizzazioni sindacali. Sono queste ultime gli azionisti di riferimento di Alitalia, essendo state in grado negli anni (assieme ai politici pro Malpensa) di condizionarne pesantemente la gestione.
I sindacati, azionisti di controllo di Alitalia (con i soldi dei contribuenti e il paravento di governi deboli e remissivi) hanno respinto l'offerta di Air France, come se fosse un'Opa ostile, perchè non desiderano perdere il controllo dell'azienda. Con Air France proprietaria essi dovrebbero ritornare a fare il loro mestiere, rinunciando all'influenza sulla gestione aziendale; con una proprietà italiana di tipo 'relazionale' (Air One o la fantomatica e invisibile cordata di Berlusconi) continuerebbero invece a farlo. La proposta sindacale di far rimanere Fintecna nel capitale Alitalia dopo la cessione altro non era che l'ultimo tentativo di restare come azionisti con i soldi del contribuente.
Bisogna osservare in positivo che i dipendenti Alitalia si stanno finalmente accorgendo del conflitto tra il loro interesse e quello di coloro che pagano affinché li rappresentino.

sabato 5 aprile 2008

Poste Italiane (Dizionario dell'Italia)

Poste Italiane. Primaria azienda di servizi bancari e assicurativi.

Alitalia non vale il mercato

Alitalia è oramai sull’orlo del fallimento. Forse non tutti lo hanno capito, ma gestione politico-sindacale dell’azienda pubblica secondo criteri non di mercato-efficienti ha svuotato di valore la compagnia di bandiera italiana.
Negli ultimi 11 anni, dalla liberalizzazione europea, il mercato passeggeri italiano è più che raddoppiato e sicuramente non grazie ad Alitalia. La debolezza del vettore in crisi, ha paradossalmente aiutato i concorrenti a svilupparsi con meno barriere all’ingresso nel mercato aereo italiano.

La mia critica al piano di riforma del trasporto aereo del ministro dei trasporti Bianchi puntava sul fatto che, per salvare Alitalia, si voleva diminuire la concorrenza nel mercato. Distruggere le altre compagnie per salvare il nostro campione regionale è una visione molto singolare…
Gli altri vettori, in gran parte stranieri, sono quelli che hanno permesso al mercato italiano di svilupparsi, seguendo criteri di mercato e non fini politici.

AirFrance ha fatto l’unica offerta seria, offrendo non pochi soldi per una compagnia dal valore molto limitato. Il ministro dell’economia e delle finanze, azionista di riferimento di Alitalia, è in posizione di debolezza di fronte ai francesi, poiché se la trattativa non si riaprisse, probabilmente si andrebbe verso il commissariamento della compagnia (oltretutto in piena campagna elettorale).
I quindici mesi impiegati per la privatizzazione (necessaria ma ritardata di anni) sono un altro tipico male italiano. Le resistenze politico-sindacali, le clausole, l’italianità sono stati freni che hanno rallentato un processo di privatizzazione per un’azienda che aveva perso 3 miliardi di Euro in nove anni, sempre ricapitalizzati a spese dei contribuenti.

L’offerta dei barbari galli aveva ed ha un unico punto di debolezza, sul quale il Governo non dovrebbe transigere: il mantenimento della posizione di rendita monopolistica nelle tratte intercontinentali dall’Italia per AirFrance.
La clausola in questione è questa: “rilascio di un impegno scritto da parte della competente Autorità governativa a mantenere il portafoglio attuale dei diritti di traffico di Alitalia, a continuare a gestire con modalità trasparenti e non discriminatorie ogni futura richiesta da parte di Alitalia per nuovi diritti di traffico ed a fornire cooperazione ed assistenza nel caso di insorgenza di difficoltà relative ai diritti di traffico di Alitalia con Paesi extra comunitari”.

Come già ricordato in un comunicato dell’Istituto Bruno Leoni, questo punto non chiude la possibilità al governo di un’apertura del mercato, ma evidenzia la volontà dei francesi di voler mantenere lo status quo di Alitalia. L’apertura delle rotte intercontinentali non è necessaria solamente per il rilancio dell’aeroporto di Malpensa, in modo che l’aeroporto sia in grado di trovare sul mercato nuove compagnie che sviluppino vi operino, ma soprattutto per consolidare la crescita del mercato del trasporto aereo italiano. Molte compagnie aeree stanno posizionando loro aerei sullo scalo varesino e molte altre se ne potrebbero aggiungere nel caso si liberalizzino completamente le rotte intercontinentali.
Credo sia comprensibile ma non condivisibile da parte dei francesi ottenere una fonte di profitto certa; d’altronde sono un’azienda che risponde a degli azionisti che hanno l’obiettivo di massimizzare il profitto.

L’obiettivo primario per il governo deve essere la piena liberalizzazione dei cieli e non il salvataggio a tutti i costi del vettore italiano.

Per troppo tempo, il nord politico-imprenditoriale, teoricamente liberista, si è fossilizzato per chiedere una moratoria di tre anni sui voli da Malpensa, sottointeso a carico del contribuente (non vedo altri attori di mercato disposti a versare 200 milioni di Euro l’anno), invece di puntare tutta l’attenzione sulla liberalizzazione dei voli. Certo se ne parlava, ma guardando i titoli dei quotidiani degli scorsi mesi i proclami erano “moratoria per Malpensa!”.

L’affermazione “Alitalia non vale il mercato” dunque significa che il piccolo vettore regionale di bandiera italiana, che ha il 3 per cento della quota di mercato passeggeri europeo non deve essere salvato a tutti i costi, neanche con soldi privati, se questi investitori pretendono la continuazione di un monopolio.
Se fosse vero il “confidential agreement” tra ENAC e Alitalia del 14 Marzo del 2008, svelato dal Financial Times il 1° Aprile, che di fatto bloccherebbe la liberalizzazione intercontinentale, sarebbe la conferma che si vuole salvare Alitalia per l’ennesima volta a carico dei consumatori.

Non si può sacrificare il mercato per salvare un’azienda gestita in maniera fallimentare dalla classe politico-sindacale.

venerdì 4 aprile 2008

Caporetto

Qualcuno continua ad interrogarsi sulle cause della sfiducia che circonda Telecom. Lo straordinario show di Luca Luciani, direttore generale con qualche lacuna in storia, può essere un buon indizio.

Vizi d’(Al)Italia

Le azioni Alitalia sono valutate da AirFrance 140 milioni di Euro, mentre l’ultimo valore di mercato sulla Borsa di Milano, prima della sospensione della quotazione, era circa cinque volte tanto. Non sono sicuro che il mercato nell’ultimo periodo sia stato in grado di esprimere il valore dell’azienda anche perché sono state fatte troppe dichiarazioni in merito. Non a caso, la Consob ha aperto un’inchiesta per verificare l’andamento azionario del titolo della compagnia di bandiera.

Ma quali sono le debolezze o i vizi di Alitalia e più in generale del trasporto aereo italiano?

1) I soldi in cassa; come già ricordato in un comunicato dell’Istituto Bruno Leoni di ieri, Alitalia a fine Febbraio, aveva una disponibilità finanziaria netta a breve di soli 33 milioni. Le operazioni straordinarie di vendita delle azioni AirFrance e un non chiaro rimborso tributario hanno portato in cassa della compagnia quasi 150 milioni di Euro. Queste entrate straordinarie seguono quelle di Santo Stefano; il 26 Dicembre scorso, la compagnia di bandiera aveva deciso di vendere degli slot preziosi di London Heathrow ad una cifra superiore i 60 milioni di Euro. Inoltre il vettore è in trattativa con Aeroporti di Roma per vendere dei terreni per circa 110 milioni di Euro. Queste operazioni straordinarie descrivono una situazione così critica che può darsi che la compagnia non abbia i soldi per arrivare all’insediamento del nuovo Governo.

2) La flotta; Alitalia ha gli aerei più vecchi in media rispetto alle altre compagnie aeree. Se l’età media della flotta del primo vettore low cost europeo, Ryanair, è di circa 2 anni e mezzo, gli aeromobili della compagnia di bandiera raggiungono quasi i 13 anni. Questi dati sono preoccupanti, non solo perché gli aerei ormai hanno un valore quasi nullo, ma soprattutto perché la compagnia utilizza aeromobili che consumano circa il 30 per cento in più di carburante rispetto ad aeromobili moderni. Il problema della flotta consiste anche nel fatto che Alitalia non ha fatto ordini di nuovi aerei, al contrario di tutte le compagnie europee concorrenti. Partendo dal presupposto che un aereo non si compra oggi per averlo domani (ad esempio il B787 ha gli ordini pieni fino al 2013, pur entrando la produzione a regime questo anno) e dal fatto che un Boeing a lungo raggio costa fino a 300 milioni di dollari, si può immaginare che il rilancio di Alitalia necessita di qualche anno.

3) L’investitore barbaro francese; uno dei problemi riconosciuti italiani è la mancanza di attrattività degli investimenti diretti esteri; non riesco a comprendere bene la motivazione del problema, ma forse sarebbe meglio, che quando finalmente degli stranieri vogliono investire 6,5 miliardi di Euro su una compagnia aerea italiana o vogliono acquisire una società telefonica, la nostra classe dirigente avesse un atteggiamento diverso. AirFrance e la sua offerta non sono idilliache, ma forse non sono neanche così male. La valutazione dell’azienda italiana è bassa, perché Alitalia ormai vale poco. La società barbara francese è l’unica azienda che negli ultimi infiniti 15 mesi della privatizzazione abbia messo sul piatto circa 2,5 miliardi di Euro e promessi altri 4 nei prossimi anni.

4) Il ritiro dei barbari; AirFrance si è ritirata, ma forse il sottosegretario Letta sta cercando di farli rientrare. L’Amministratore delegato di Alitalia Maurizio Prato si è dimesso lo scorso 2 Aprile, ma bisogna riconoscere che è stato l’unico AD dell’azienda che ha attuato il piano scritto lo scorso inizio Settembre. Alitalia è costellata di bellissimi piani industriali che negli ultimi anni non sono mai stati rispettati ed hanno prodotto circa 3 miliardi di perdite dal 1999 al 2007. Quando una privatizzazione o un fallimento si avvicina è possibile che aumentino i vincoli per il rispetto del piano industriale di sopravvivenza. L’unico punto realmente importante nella trattativa con i barbari e sul quale non è possibile cedere, è la liberalizzazione delle rotte intercontinentali non ancora liberalizzate, che sarebbe lo strumento di mercato per rilanciare Malpensa (altro che moratoria con soldi pubblici).

5) I sindacati; riprendendo la proposta del Prof. Ugo Arrigo, perché non chiedere ai lavoratori cosa vogliono fare? I sindacati sono responsabili del fallimento della trattativa, ma non sono gli unici responsabili della crisi Alitalia. Un taglio di 2100 dipendenti sui circa 23000 di Alitalia, non è facile da accettare, ma nella storia recente dell’aviazione civile molte ristrutturazioni di compagnie sono passate per tagli ben più incisivi. La sconfitta dei sindacati è evidente, non solo perché sono corresponsabili dell’andamento della società di trasporto aereo negli ultimi anni, ma soprattutto perché si sono ostinati a tirare la corda, anche quando la corda era ormai finita da un pezzo. Se degli assistenti di volo fanno lo sciopero della fame per accettare l’offerta dei francesi, forse il ruolo dei sindacati è quantomeno inutile se non dannoso.

6) La classe politica; questa è la risposta alla domanda, di chi sia il ruolo di maggior responsabile della crisi di Alitalia? Il mercato aereo europeo ed italiano sono concorrenziali, poco concentrati ed in forte espansione. Non c’è alcun motivo reale al mantenimento in vita di una compagnia pubblica poco efficiente che non è stata in grado di sviluppare il trasporto aereo italiano. La quota di mercato in Italia della compagnia di bandiera dalla liberalizzazione del 1997 ad oggi è scesa da circa il 50 per cento al 23 per cento. Chi ha sviluppato il mercato sono state altre compagnie più efficienti, principalmente non italiane. Hanno fatto gli interessi degli italiani queste compagnie straniere? Certamente si, perché il mercato non guarda in faccia la nazionalità dell’attore.

7) Il monopolista; quale è il settore particolare nel trasporto aereo che gode di una situazione di monopolio naturale e legale? La gestione aeroportuale. La SEA, gestita come azienda pubblica dal Comune di Milano e la Provincia di Milano, gode di una posizione di rendita molto grande. Il margine operativo lordo della società di gestione nel 2006 era al 47 per cento, circa come un operatore di telefonia mobile. Agli azionisti pubblici è comodo avere decine di milioni di Euro di dividendi ogni anno. La gestione inoltre non è cosi efficiente, se nell’unico settore del business aeroportuale aperto alla concorrenza,l’handling, SEA Handling perde decine di milioni di Euro…

I sette vizi capitali di Alitalia, ma più in generale del trasporto aereo italiano, riflettono nel profondo i mali dell’Italia.
Se la campagna elettorale si combatte su Alitalia, qualcosa che conta direttamente meno dell’0,02 per cento del PIL e circa lo 0,03 per cento della popolazione italiana, qualche problema di fondo il nostro paese ce l’ha.
La mancanza di una cultura di mercato è tragicamente presente in Italia ed Alitalia ne è la rappresentazione…

giovedì 3 aprile 2008

Si può fare! (Dizionario degli slogan politici)

Si può fare! Perchè farsi il mazzo per risultati doverosi ma impossibili quando si può tranquillamente puntare su obiettivi voluttuari e di facile realizzabilità, ad esempio una kermesse cinematografica?

Senza concorrenza non può esserci eccellenza

Qualche giorno fa, un articolo dell’Herald Tribune ha dipinto un immagine non troppo lusinghiera della ricerca nell’università italiana. I problemi sono noti: da una parte l’endemica mancanza di fondi, dall’altra un sistema di reclutamento di docenti e ricercatori non esattamente trasparente.

Quello della ricerca è un tema caldo in Italia ed in Europa: essenzialmente perché, di buona ricerca, ne facciamo troppo poca. Perché ci ritroviamo con un sistema che non è in grado di generare eccellenza? Siamo forse più sciocchi o meno studiosi di americani ed asiatici?
Gli economisti sono soliti ad affrontare i problemi guardando alla struttura degli incentivi. Dobbiamo chiederci, dunque, se l’assetto istituzionale del mondo accademico sia in grado di valorizzare e premiare le menti, le ricerche, gli atenei migliori. Ottenere una cattedra solo perché si ha un cognome molto diffuso fra i docenti di un ateneo è un’ingiustizia. Ma è anche inefficiente, perché manda al giovane ingegno con aspirazioni accademiche un messaggio univoco: «vatti a prendere un PhD all’estero». Chi ne ha le capacità, riuscirà ad entrare in un'università dell'Ivy League, ad Oxbridge o in uno degli atenei asitiatici che sta scalando i ranking internazionali. Chi non ce ha queste capacità, o la voglia di espatriare, resterà a casa: si cercherà una raccomandazione o un altro lavoro. E' un chiaro esempio di selezione avversa, e condanna i giovani italiani ad apprendere dai peggiori.
Ma perché un’università dovrebbe lasciarsi sfuggire le menti migliori avvallando metodi di selezione non meritocratici? Semplicemente, perché non ha nessun incentivo a fare diversamente, in un sistema in cui l’equivalenza del valore degli atenei è stabilita per legge. In Italia, i titoli di studio sono emanati in nome della legge, ed hanno un valore legale che non implica solo il riconoscimento di un risultato accademico e scolastico, ma anche una certificazione pubblica di alcune abilità: che io vada a studiare al Sant’Anna o all’Università di Rocca Cannuccia, il risultato è lo stesso – se non per la mia preparazione, almeno per lo stato italiano. Nel momento in cui si coniugano poi le – giustissime – istanze di autonomia didattica degli atenei con un risultato finale stabilito per legge, si innesca un meccanismo di competizione al ribasso: fioriscono le sotto-facoltà di Tetrapiloctomia ed i corsi di Idrogrammatologia in moduli componibili da un credito e mezzo. Tanto, allo studente, sempre più ciuchino, importa solo del pezzo di carta: ed i pezzi di carta sono tutti uguali.
Un altro punto fondamentale è il finanziamento dell’università. In un bel paper sul sistema educativo statunitense, Paolo Bernardini sottolinea la differenza fra i sussidi indifferenziati che cadono a pioggia sugli atenei nostrani e gli investimenti specifici, da cui ci si aspetta un ritorno, in cui si manifesta in america l’intervento pubblico. Che non è inesistente, certo, ma è comunque accompagnato da un massiccio investimento privato e da una gestione manageriale delle università, veri e propri enti economici in concorrenza fra loro. La questione è certamente molto più complessa di quanto si possa ridurla in un post, e molte altre sono le storture del nostro sistema accademico.

Però ci troviamo davanti ad un bivio: possiamo chiedere più fondi, possiamo appellarci alla morale della classe docente, possiamo invocare concorsi più centralizzati, più controllati o (ancora) più regolamentazione: è stato fatto per per anni, ma non ci sono stati grandi risultati. Oppure, possiamo accettare il fatto che il futuro dell’innovazione non può essere affidato alla buona volontà di poche meritevoli eccezioni, ma deve poggiarsi su un sistema di incentivi razionali: senza una sana concorrenza in grado di premiarli, i centri d’eccellenza sono destinati a scomparire.

mercoledì 2 aprile 2008

Basta tasse a Roma! (Dizionario degli slogan politici)

Basta tasse a Roma! Perchè lasciare che Roma sprechi le nostre tasse quando possiamo benissimo farlo noi stessi qui da Milano?

martedì 1 aprile 2008

Alitalia agli italiani! (Dizionario degli slogan politici)

Alitalia agli italiani! Perché lasciare che degli stranieri realizzino profitti laddove noi possiamo benissimo ottenere delle perdite?