Poste italiane sembra essere al collasso. E se sul Times l’amministratore delegato sfoggia un’impresa dai profitti appetitosi, in realtà sono le pagine di cronaca ad ospitare meglio le performances di Poste. Un’impresa a cui l’onere del servizio universale garantisce una riserva monopolistica e cospicui trasferimenti statali, ma che a questi compiti, sistematicamente, disattende. I casi sono ovunque: dai paesini del leccese alla metropoli milanese. Le lettere non arrivano, e la società civile è in subbuglio. Oggi, il Coordinamento nazionale piccoli comuni italiani chiede “le immediate dimissioni dell'intero vertice di Poste Italiane”, per “la situazione di autentico disagio sociale provocato dai sevizi o disservizi di Poste Italiane” “dalle valli alpine ai monti siciliani il disagio prodotto da Poste Italiane ai cittadini e' notevole come dimostrano le migliaia di proteste che arrivano quotidianamente al Coordinamento Piccoli Comuni”.
I Piccoli Comuni fanno appello, giustamente, ad un minimo di senso di responsabilità, nel chiedere l’alternanza ai vertici: ma non servirà a nulla, se non vengono rimosse quelle condizioni che impediscono il dispiegarsi della libera concorrenza. E se non si ripensa il servizio universale in un ottica meno onerosa, ma più realistica ed adatta alle nuove esigenze dei consumatori.
I Piccoli Comuni fanno appello, giustamente, ad un minimo di senso di responsabilità, nel chiedere l’alternanza ai vertici: ma non servirà a nulla, se non vengono rimosse quelle condizioni che impediscono il dispiegarsi della libera concorrenza. E se non si ripensa il servizio universale in un ottica meno onerosa, ma più realistica ed adatta alle nuove esigenze dei consumatori.
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