sabato 7 luglio 2007

Farmaci: perché continuare a liberalizzare

L'ampliamento dei circuiti distributivi nella vendita dei farmaci da automedicazione è certamente la liberalizzazione che ha avuto maggior successo, fra quelle promosse dal governo Prodi. Secondo un'indagine realizzata dal Censis per conto dell'Anifa, il 92% degli italiani è contento della possibilità di poter acquistare i medicinali da banco al di fuori delle farmacie.
Si può dire, allora, che il ministro Bersani è riuscito a creare consenso, attorno ad una riforma che veniva pretestuosamente presentata, da principio, come un semplice "aiutino" alle cooperative amiche, a spese dei farmacisti,elettori di centro-destra.
Quella di Bersani non è stata una liberalizzazione "totale": non si può comprare l'aspirina in autogrill, o da un distributore automatico in un centro sportivo. Il suo provvedimento, però, ha messo le premesse per un graduale allargamento dei cerchi della distribuzione, garantendo la professionalità e la sicurezza che gli italiani cercano (anche alla Coop, c'è il "corner" del farmacista) e nel contempo aprendo opportunità per i farmacisti non titolari di farmacia. Cioè persone che vantano il medesimo titolo di studio, le stesse qualifiche professionali, ma hanno la sfortuna di non aver né "ereditato" né "sposato" una delle farmacie italiane - che sono stringentemente regolate, anche nel numero.
La liberalizzazione potrebbe ora continuare su uno di questi due tracciati. Da una parte, una radicale revisione della "pianta organica", aprendo il mercato a nuovi esercizi. E' improbabile, e forse non sarebbe nemmeno giusto: ci vorrebbe un processo di apertura del mercato graduale, che non produca uno shock a danno esclusivo dei farmacisti "infeudati". Vantano sì dei privilegi, ma le regole del gioco erano quelle, quando hanno cominciato a giocare.
Dall'altra, si possono portare "fuori dalle farmacie" altri prodotti, oltre ai medicinali di automedicazione, esattamente come i farmacisti hanno - giustamente - portato "in farmacia" prodotti nuovi e non strettamente attinenti al loro business. I primi candidati sono i farmaci di fascia C, quelli non rimborsati dal servizio sanitario nazionale, anche se su ricetta.
Liberalizzandone la vendita, si consentirebbero risparmi sulla quota di prezzo incassata dal distributore ultimo, a vantaggio dei consumatori che li pagano di tasca propria. La sicurezza verrebbe sempre garantita dal farmacista laureato (ma non proprietario) presente nell'esercizio di vicinato. Le farmacie propriamente dette resterebbero limitate nel numero, ma questa limitazione guadagnerebbe in legittimità, perché esse effettivamente diventerebbero (come il ministro Turco le ha più volte definite) un "presidio"dell'SSN.
A presentare una proposta in tal senso è stato il deputato radicale Sergio D'Elia. Il 10 luglio a Roma ci sarà una manifestazione di sostegno a D'Elia ed al suo emendamento. Qui potete firmare una interessante, e giusta, petizione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Per fortuna non conoscete la storia dell'onorevole Sergio D'Elia.Per onore della cronaca cercate su internet ed informatevi.
L'onorevole......è un ex brigatista
Il resto scopritelo voi