domenica 29 luglio 2007

Block Exemption calcistica? / 2

Mi concedo un paio di osservazioni sul corposo e stimolante post di Alessandro Iaria, in qualità di Commissario Tecnico dell'IBL. :-)

Mi pare utile affrontare in rapida successione la questione della distribuzione delle risorse, ed essenzialmente delle modalità di vendita dei diritti televisivi, e quella della block exemption - temi collegati ma distinti.

Si è soliti giustificare la necessità della vendita collettiva dei diritti televisivi facendo riferimento al modello della coopetition. Come già segnalato da Alessandro, si può sostenere che in alcuni settori economici un certo livello di collusione tra gli attori sia cruciale per il successo del prodotto. E che il calcio (lo sport) sia tra questi. Che nel campo d'applicazione di queste considerazioni ricada un interesse generale all'equilibrio delle competizioni sportive - e quindi l'opportunità di redistribuire le risorse che ne derivano - è però tutt'altro che pacifico.

Gli sportivi sembrano infatti essere guidati più spesso:

  1. da ragioni banalmente sentimentali. Per averne una dimostrazione, basti osservare i tifosi dell'Internazionale, che negli ultimi vent'anni hanno seguito la seconda squadra di Milano con passione inesausta nonostante i risultati del club non si discostassero da quelli di compagini come Lazio, Sampdoria, Parma o Napoli. Quando poi i nerazzurri hanno conquistato - a tavolino, prima, ed al termine di un campionato monco, poi - due titoli nazionali non esattamente combattutissimi, non pare che il il seguito della squadra - o del movimento nel suo complesso - ne abbiano risentito*;
  2. dal piacere estetico di assistere ad esibizioni di alto livello. Si pensi - per rimanere alla storia recente - alla grande attenzione suscitata dalla partecipazione della Juventus all'ultimo campionato di serie B, nonostante il prevedibile divario con le altre formazioni in lizza. O si ponga mente alle dinamiche di popolarizzazione di una disciplina, usualmente guidate dal flusso e riflusso dei campioni e delle squadre imbattibili: il Milan di Sacchi o i Bulls di Jordan, Michael Schumacher o Tiger Woods. O ancora, più semplicemente, si rifletta sul successo planetario del calcio, rapportato al localismo degli iper-regolamentati sport americani. Il pubblico sportivo ama l'impresa extraordinaria. E poi i pareggi - la sublimazione dell'equilibrio - sono così noiosi!

Naturalmente non ci si attende che le Melandri - o i Pescante - di questo mondo siano rosi dal dubbio. Per citare l'estensore di questo magnifico articolo dell'Economist, «politicians like the notion of equality. Sportsmen should beware it. Politics is about majorities, averages and keeping lots of people happy. Sport is about individuals, excellence and winning and losing».

Possono, dunque, esistere motivazioni economiche in favore della vendita collettiva - ad esempio l'eventualità che ciò incrementi il valore complessivo del prodotto? Certamente sì. Queste motivazioni superano le obiezioni? Non possiamo affermarlo. Queste motivazioni legittimano l'imposizione ex lege della vendita collettiva? Certamente no. Ancor meno ove si consideri - Alessandro lo ricordava - che l'autonomia contrattuale delle parti aveva già prodotto in seno alla Lega Calcio l'instaurazione di alcuni meccanismi mutualistici.

Ma qui veniamo al punto! Perché il favore dei governi europei per la block exemption è precisamente orientato a scongiurare il pericolo che le Autorità Antitrust nazionali e la Commissione vanifichino i propri sforzi legislativi, sventando l'introduzione del virus del socialismo nel calcio.

Sarà dunque opportuno avversare la sottrazione del calcio al diritto della concorrenza, come fa ancora l'Economist qui, riassumendo l'intera vicenda? Non esattamente. Perché - aldilà del suo perverso sfruttamento - il problema vero della block exemption è di essere un'exemption. Ciò che sosteniamo, piuttosto, è la generalizzazione di un approccio più liberale alla politica antitrust, secondo la consapevolezza che - come dimostrato - spesso i famigerati cartelli non fanno poi troppo male, mentre le restrizioni da combattere fieramente sono quelle legali. Dopo tutto è la cifra del blog che ospita le nostre riflessioni.

PS Nel mio piccolo, avevo proposto alcune osservazioni sul tema calcio in questo IBL Focus di alcuni mesi fa.

* Le opinioni espresse in questo paragrafo sono da riferirsi esclusivamente all'autore del post e non rappresentano necessariamente la posizione dell'Istituto Bruno Leoni.

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