venerdì 4 aprile 2008

Vizi d’(Al)Italia

Le azioni Alitalia sono valutate da AirFrance 140 milioni di Euro, mentre l’ultimo valore di mercato sulla Borsa di Milano, prima della sospensione della quotazione, era circa cinque volte tanto. Non sono sicuro che il mercato nell’ultimo periodo sia stato in grado di esprimere il valore dell’azienda anche perché sono state fatte troppe dichiarazioni in merito. Non a caso, la Consob ha aperto un’inchiesta per verificare l’andamento azionario del titolo della compagnia di bandiera.

Ma quali sono le debolezze o i vizi di Alitalia e più in generale del trasporto aereo italiano?

1) I soldi in cassa; come già ricordato in un comunicato dell’Istituto Bruno Leoni di ieri, Alitalia a fine Febbraio, aveva una disponibilità finanziaria netta a breve di soli 33 milioni. Le operazioni straordinarie di vendita delle azioni AirFrance e un non chiaro rimborso tributario hanno portato in cassa della compagnia quasi 150 milioni di Euro. Queste entrate straordinarie seguono quelle di Santo Stefano; il 26 Dicembre scorso, la compagnia di bandiera aveva deciso di vendere degli slot preziosi di London Heathrow ad una cifra superiore i 60 milioni di Euro. Inoltre il vettore è in trattativa con Aeroporti di Roma per vendere dei terreni per circa 110 milioni di Euro. Queste operazioni straordinarie descrivono una situazione così critica che può darsi che la compagnia non abbia i soldi per arrivare all’insediamento del nuovo Governo.

2) La flotta; Alitalia ha gli aerei più vecchi in media rispetto alle altre compagnie aeree. Se l’età media della flotta del primo vettore low cost europeo, Ryanair, è di circa 2 anni e mezzo, gli aeromobili della compagnia di bandiera raggiungono quasi i 13 anni. Questi dati sono preoccupanti, non solo perché gli aerei ormai hanno un valore quasi nullo, ma soprattutto perché la compagnia utilizza aeromobili che consumano circa il 30 per cento in più di carburante rispetto ad aeromobili moderni. Il problema della flotta consiste anche nel fatto che Alitalia non ha fatto ordini di nuovi aerei, al contrario di tutte le compagnie europee concorrenti. Partendo dal presupposto che un aereo non si compra oggi per averlo domani (ad esempio il B787 ha gli ordini pieni fino al 2013, pur entrando la produzione a regime questo anno) e dal fatto che un Boeing a lungo raggio costa fino a 300 milioni di dollari, si può immaginare che il rilancio di Alitalia necessita di qualche anno.

3) L’investitore barbaro francese; uno dei problemi riconosciuti italiani è la mancanza di attrattività degli investimenti diretti esteri; non riesco a comprendere bene la motivazione del problema, ma forse sarebbe meglio, che quando finalmente degli stranieri vogliono investire 6,5 miliardi di Euro su una compagnia aerea italiana o vogliono acquisire una società telefonica, la nostra classe dirigente avesse un atteggiamento diverso. AirFrance e la sua offerta non sono idilliache, ma forse non sono neanche così male. La valutazione dell’azienda italiana è bassa, perché Alitalia ormai vale poco. La società barbara francese è l’unica azienda che negli ultimi infiniti 15 mesi della privatizzazione abbia messo sul piatto circa 2,5 miliardi di Euro e promessi altri 4 nei prossimi anni.

4) Il ritiro dei barbari; AirFrance si è ritirata, ma forse il sottosegretario Letta sta cercando di farli rientrare. L’Amministratore delegato di Alitalia Maurizio Prato si è dimesso lo scorso 2 Aprile, ma bisogna riconoscere che è stato l’unico AD dell’azienda che ha attuato il piano scritto lo scorso inizio Settembre. Alitalia è costellata di bellissimi piani industriali che negli ultimi anni non sono mai stati rispettati ed hanno prodotto circa 3 miliardi di perdite dal 1999 al 2007. Quando una privatizzazione o un fallimento si avvicina è possibile che aumentino i vincoli per il rispetto del piano industriale di sopravvivenza. L’unico punto realmente importante nella trattativa con i barbari e sul quale non è possibile cedere, è la liberalizzazione delle rotte intercontinentali non ancora liberalizzate, che sarebbe lo strumento di mercato per rilanciare Malpensa (altro che moratoria con soldi pubblici).

5) I sindacati; riprendendo la proposta del Prof. Ugo Arrigo, perché non chiedere ai lavoratori cosa vogliono fare? I sindacati sono responsabili del fallimento della trattativa, ma non sono gli unici responsabili della crisi Alitalia. Un taglio di 2100 dipendenti sui circa 23000 di Alitalia, non è facile da accettare, ma nella storia recente dell’aviazione civile molte ristrutturazioni di compagnie sono passate per tagli ben più incisivi. La sconfitta dei sindacati è evidente, non solo perché sono corresponsabili dell’andamento della società di trasporto aereo negli ultimi anni, ma soprattutto perché si sono ostinati a tirare la corda, anche quando la corda era ormai finita da un pezzo. Se degli assistenti di volo fanno lo sciopero della fame per accettare l’offerta dei francesi, forse il ruolo dei sindacati è quantomeno inutile se non dannoso.

6) La classe politica; questa è la risposta alla domanda, di chi sia il ruolo di maggior responsabile della crisi di Alitalia? Il mercato aereo europeo ed italiano sono concorrenziali, poco concentrati ed in forte espansione. Non c’è alcun motivo reale al mantenimento in vita di una compagnia pubblica poco efficiente che non è stata in grado di sviluppare il trasporto aereo italiano. La quota di mercato in Italia della compagnia di bandiera dalla liberalizzazione del 1997 ad oggi è scesa da circa il 50 per cento al 23 per cento. Chi ha sviluppato il mercato sono state altre compagnie più efficienti, principalmente non italiane. Hanno fatto gli interessi degli italiani queste compagnie straniere? Certamente si, perché il mercato non guarda in faccia la nazionalità dell’attore.

7) Il monopolista; quale è il settore particolare nel trasporto aereo che gode di una situazione di monopolio naturale e legale? La gestione aeroportuale. La SEA, gestita come azienda pubblica dal Comune di Milano e la Provincia di Milano, gode di una posizione di rendita molto grande. Il margine operativo lordo della società di gestione nel 2006 era al 47 per cento, circa come un operatore di telefonia mobile. Agli azionisti pubblici è comodo avere decine di milioni di Euro di dividendi ogni anno. La gestione inoltre non è cosi efficiente, se nell’unico settore del business aeroportuale aperto alla concorrenza,l’handling, SEA Handling perde decine di milioni di Euro…

I sette vizi capitali di Alitalia, ma più in generale del trasporto aereo italiano, riflettono nel profondo i mali dell’Italia.
Se la campagna elettorale si combatte su Alitalia, qualcosa che conta direttamente meno dell’0,02 per cento del PIL e circa lo 0,03 per cento della popolazione italiana, qualche problema di fondo il nostro paese ce l’ha.
La mancanza di una cultura di mercato è tragicamente presente in Italia ed Alitalia ne è la rappresentazione…

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Verissimo!

Potresti dirci qualcosa di più sulle clausole della privatizzazione che riguardano la gestione dello scalo di Milano? E' vero che Air France ha chiesto e ha in pratica ottenuto la sottrazione alla concorrenza delle tratte internazionali che fanno capo a Malpensa?
In secondo luogo. Con l'acquisizione di Air France non si rischia il declassamento di Alitalia a piccola compagnia regionale?

Andrea Giuricin ha detto...

Gentile Franco R.
Le ho risposto indirettamente nel nuovo post...

http://liberalizzazioni.blogspot.com/2008/04/alitalia-non-vale-il-mercato.html