domenica 13 aprile 2008

"Il mio grosso grasso matrimonio italiano" (con "Fuga per la vittoria")

Una commedia come "Il mio grosso grasso matrimonio italiano". Ecco a cosa somiglia la vendita di Alitalia secondo l'azzeccata definizione di Evan Sparks su Forbes. Che non lesina le stoccatine a Silvio Berlusconi, le cui dichiarazioni sulla compagnia di bandiera rischiano di trasformare la commedia in farsa.

Tra gli argomenti prediletti, v'è quello un po' naif secondo cui un'Alitalia francese dirotterebbe «i cento milioni di nuovi ricchi di Russia, Cina ed India dalle nostre città d'arte verso il Louvre o i castelli della Loira». Il Cavaliere, insomma, non vuol saperne di accompagnar la sposa all'altare.

Sfortunatamente, la sua tesi fa acqua da ogni parte. Chi caccia i soldi di tasca solitamente non perde tempo col Risiko. L'avventura di Ryanair, per fare un esempio, sarebbe poca cosa se fosse rimasta circoscritta all'isoletta di pescatori da cui è partita. E se Berlusconi stesso avesse ragionato come accusa Spinetta di predisporsi a fare, ci avrebbe negato Heather Parisi ed Ainett Stephens ed avrebbe preferito Schillaci a Van Basten. Apparentemente, tra politici ed imprenditori c'è ancora qualche differenza non trascurabile - persino se il politico e l'imprenditore sono la stessa persona.

Per converso, non osiamo immaginare cosa sarebbe accaduto se il governo brasiliano avesse custodito Ronaldinho con la medesima ridicola determinazione con cui il centrodestra italiano presidia Alitalia. Grazie a Dio, i giornali c'informano che il pericolo è scampato e nulla o quasi osta allo sbarco del trequartista in rossonero. Più che grazie a Dio, Silvio gratias.

Morale (elettorale): se non ha funzionato amministrare il paese come un'azienda, perché non gestirlo come la squadra di calcio più titolata al mondo? Uno come Coco lo si vende, non se ne fa una questione di orgoglio. E se anziché con Moratti ti capita di trattare con Spinetta tocca pure non fare gli esosi.

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