In diversi interventi pubblici dell'ultimo anno il Presidente di Ferrovie Cipolletta e l'AD Moretti hanno espresso una tesi che può essere sintetizzata nel seguente modo: le tariffe ferroviarie italiane sono molto inferiori a quelle degli altri paesi europei ed è necessario realizzarne incrementi significativi nel tempo per salvaguardare il bilancio dell'azienda. Coerentemente con questa posizione FS ha realizzato a distanza di un anno due incrementi non trascurabili delle tariffe sulle medie-lunghe percorrenze; nell'ultima settimana, infine, è emerso sui media il tema degli insufficienti trasferimenti pubblici per la copertura dei costi del trasporto regionale (Repubblica del 7 febbraio, ad esempio, ha dedicato un’intera pagina della sezione Imprese&Mercati al trasporto ferroviario regionale, mettendo in risalto la riduzione delle sovvenzioni statali).
Queste posizioni e analisi non considerano aspetti fondamentali del trasporto ferroviario: (a) l’assetto del mercato, ancora monopolistico, e la proprietà dell'azienda, totalmente pubblica, fanno in modo che non vi sia incentivo a contenere i costi unitari di produzione; (b) per quanto riguarda il trasporto regionale non vi sono ancora soggetti alternativi a Trenitalia e anche se le Regioni, tramite meccanismi competitivi, potrebbero affidare il servizio a prestatori diversi, contrattando qualità più elevata e costi minori, nessuna ha ancora potuto/voluto farlo; (c) non vi è ancora un regolatore indipendente per il settore dei trasporti e non vi è pertanto alcun organismo in grado di impedire, monitorando opportunamente la qualità e autorizzando le tariffe, che i costi delle inefficienze del produttore ricadano sugli utenti.
Poichè le ferrovie non hanno alcun controllore che obliteri il loro biglietto dell'efficienza, il costo di produzione per un passeggero che viaggia un km è nel caso italiano di circa 15 centesimi di euro, almeno un terzo in più rispetto ai casi europei più efficienti e maggiore rispetto alla stessa Alitalia (12 centesimi). Grazie al diverso assetto del mercato del trasporto aereo, che è aperto da tempo alla concorrenza, molti italiani possono inoltre viaggiare su aerei nuovi, puliti e puntali di Easyjet o Ryanair con costi unitari delle due aziende rispettivamente di 7 e 4,3 centesimi di euro.
Dal lato delle tariffe, invece, è vero che sono molto inferiori rispetto all'Europa ma ai fini della quadratura dei bilanci delle Ferrovie ciò che conta non è il ricavo per singolo passeggero ma il ricavo per singolo treno chilometro offerto (che si ottiene moltiplicando il ricavo medio per passeggero km col numero di passeggeri medi per treno). In Italia nel 2006 in media i treni offerti hanno visto a bordo quasi 170 passeggeri contro una media europea di 120; questo implica che, se poniamo uguale a 100 la tariffa media europea, è sufficiente una tariffa pari a 70 per ottenere idendici ricavi per l'azienda ferroviaria. Nel valutare ipotesi di incrementi tariffari, occorre inoltre dedicare grande attenzione all'elasticità della domanda rispetto al prezzo poichè se maggiore di uno li rende controproducenti e porta ad un abbassamento dei ricavi anzichè ad un aumento
Possiamo allora concludere che mentre non è necessario un pieno allineamento delle tariffe ferroviarie ai livelli europei per riequilibrare il bilancio aziendale, sarebbe invece auspicabile un pieno allineamento dei costi unitari di produzione. Liberalizzare il mercato dei servizi di trasporto ferroviario e limitare la gestione pubblica all'esercizio delle rete, privatizzando i servizi ora svolti da Trenitalia, rappresentano ottimi strumenti per perseguire questo obietttivo.
1 commento:
imparato molto
Posta un commento