Possiamo essere d’accordo con l’amministratore delegato delle F.S. Moretti purché intenda sul serio liberalizzare il trasporto ferroviario e privatizzare Trenitalia, con la conseguente uscita dello Stato dal controllo dell’azienda.
La separazione reale tra il gestore della rete ferroviaria, RFI e l’operatore monopolista Trenitalia deve essere effettuata al più presto, come previsto dal decreto legislativo 138 del 2000 e già negli intenti della Direttiva Prodi del 1997, a sua tempo affossata da una rivolta sindacale. La liberalizzazione effettiva del trasporto ferroviario porterebbe ad un incremento della concorrenza ed ad un offerta più ampia per i cittadini. Attualmente la quota di mercato di Trenitalia è circa al 92 per cento nel settore merci e superiore al 95 per cento nel trasporto passeggeri. La privatizzazione di Trenitalia porterebbe ad un’efficiente gestione d’impresa dopo che l’azienda nel 2006 ha perso circa 1,9 miliardi di Euro e nel 2007 circa 400 milioni di Euro; senza l’aumento dei contributi statali per il gruppo FS avvenuto nello scorso anno, la perdita per Trenitalia è stimata essere superiore al miliardo di Euro per l’esercizio chiuso a dicembre, senza contare l’aumento delle tariffe.
La privatizzazione di Trenitalia deve riguardare la totalità dell’azienda e non solamente una quota di minoranza, che di fatto non cambierebbe la gestione pubblicistica. L’uscita dello Stato dalla proprietà di Trenitalia provocherebbe, congiuntamente all’effettiva liberalizzazione, l'abbattimento di almeno il 30% degli attuali costi unitari di produzione (fuori mercato sia rispetto al trasporto aereo, compresa Alitalia, sia rispetto alle migliori aziende ferroviarie europee). Occorre inoltre scorporare il trasporto merci da quello passeggeri, eliminando i sussidi incrociati e superando la situazione attuale nella quale il settore merci opera con costi superiori ai ricavi del 30 per cento.
Il modello di riferimento per la riforma ferroviaria non può che essere quello inglese il quale ha adottato una piena liberalizzazione e privatizzazione delle compagnie ferroviarie. In questo modello i contributi pubblici sono circa la metà rispetto al caso tedesco e, in seguito all’apertura del mercato, il trasporto passeggeri è cresciuto del 55 per cento, mentre il trasporto merci del 70 per cento. Al contrario, in Italia ed in Europa la crescita è stata quasi nulla. L’operatore ferroviario più importante nel trasporto passeggeri inglese ha appena il 10 per cento della quota di mercato, il trasporto ferroviario britannico, inoltre, è risultato nel 2005 il più sicuro d’Europa insieme alla Svezia.
La separazione reale tra il gestore della rete ferroviaria, RFI e l’operatore monopolista Trenitalia deve essere effettuata al più presto, come previsto dal decreto legislativo 138 del 2000 e già negli intenti della Direttiva Prodi del 1997, a sua tempo affossata da una rivolta sindacale. La liberalizzazione effettiva del trasporto ferroviario porterebbe ad un incremento della concorrenza ed ad un offerta più ampia per i cittadini. Attualmente la quota di mercato di Trenitalia è circa al 92 per cento nel settore merci e superiore al 95 per cento nel trasporto passeggeri. La privatizzazione di Trenitalia porterebbe ad un’efficiente gestione d’impresa dopo che l’azienda nel 2006 ha perso circa 1,9 miliardi di Euro e nel 2007 circa 400 milioni di Euro; senza l’aumento dei contributi statali per il gruppo FS avvenuto nello scorso anno, la perdita per Trenitalia è stimata essere superiore al miliardo di Euro per l’esercizio chiuso a dicembre, senza contare l’aumento delle tariffe.
La privatizzazione di Trenitalia deve riguardare la totalità dell’azienda e non solamente una quota di minoranza, che di fatto non cambierebbe la gestione pubblicistica. L’uscita dello Stato dalla proprietà di Trenitalia provocherebbe, congiuntamente all’effettiva liberalizzazione, l'abbattimento di almeno il 30% degli attuali costi unitari di produzione (fuori mercato sia rispetto al trasporto aereo, compresa Alitalia, sia rispetto alle migliori aziende ferroviarie europee). Occorre inoltre scorporare il trasporto merci da quello passeggeri, eliminando i sussidi incrociati e superando la situazione attuale nella quale il settore merci opera con costi superiori ai ricavi del 30 per cento.
Il modello di riferimento per la riforma ferroviaria non può che essere quello inglese il quale ha adottato una piena liberalizzazione e privatizzazione delle compagnie ferroviarie. In questo modello i contributi pubblici sono circa la metà rispetto al caso tedesco e, in seguito all’apertura del mercato, il trasporto passeggeri è cresciuto del 55 per cento, mentre il trasporto merci del 70 per cento. Al contrario, in Italia ed in Europa la crescita è stata quasi nulla. L’operatore ferroviario più importante nel trasporto passeggeri inglese ha appena il 10 per cento della quota di mercato, il trasporto ferroviario britannico, inoltre, è risultato nel 2005 il più sicuro d’Europa insieme alla Svezia.
Proponiamo dunque di separare la gestione di Trenitalia da quella di Rete Ferroviaria Italiana, di introdurre una reale possibilità di concorrenza da parte di operatori privati sia nel segmento passeggeri che in quello merci e di collocare sul mercato il 100 per cento di Trenitalia.
Ugo Arrigo
Andrea Giuricin
1 commento:
Treni Italia rappresenta un monopolio delle ferrovie che operano sul territorio nazionale...sono loro che gestiscono la rete e concedono concessioni ai privati. Privatizzare una società che detiene un monopolio mi sembra una cosa folle... oggi è lo stato in quella posizione, con la privatizzazione lo diventerebbe un privato.
Mi sorge il dubbio che il rischio è che i prezzi aumenteranno e non il contrario, perchè io privato posso fare degli accordi con altri privati e non subire alcuna pressione dallo stato sui prezzi che impongo, in quanto il mercato libero non permette agli stati di imporre limiti in questo senso...Detto questo, il servizio Treni Italia sul territorio è dicisamente scarso, con qualche punta di sufficienza, ma Treni Italia è una holding in attivo..e con grandi, anzi, grandissimi interessi internazionali in tutto il mondo(vedi Italferr S.p.A.)..Treni Italia detiene società in Germania e in Francia..è una delle più influenti società ferroviarie d'Europa. A questa realtà dei fatti si potrebbero formulare tantissime domande, ma perchè lo stato si doverbbe privare di una società che nel suo complesso riesce ancora a generare dei bilanci attivi? - 381 milioni di utile netto nel 2012 - Poi possiamo discutere sulle modalità con cui questi bilanci vengano generati, ma questo è un altro discorso.
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