mercoledì 19 marzo 2008

Tremonti-Brambilla: red passion

Su una cosa l'onnipresente Tremonti ha ragione: gli argomenti da lui sollevati in questa campagna elettorale denotano una visione globale (absit iniuria verbis) assai chiara, che può essere contrastata solo con un'analoga visione contraria. Ora sappiamo che ben difficilmente tale visione potrà germinare entro i confini del PdL.

Accantonati i dissapori dei mesi scorsi, a tre settimane dal voto la rossa pasionaria berlusconiana si schiera senza riserve col ministro dell'economia in pectore. Niente autarchia, per carità, ma dazi a profusione sì.

Un protezionismo all'americana, c'istruisce la regina dei Circoli, perché anche nel paradiso dei liberisti si mettono dei "paletti a una politica di dumping, che rischia di distruggere l'intrinseco valore di ogni mercato". D'altronde, lo stesso Tremonti aveva auspicato nei giorni scorsi che la sua medesima patente di protezionista venisse assegnata anche ad Obama e McCain*.

Sia come sia, se è vero che per un lungo momento Tremonti e la Brambilla erano parsi i più autorevoli candidati alla successione del Cavaliere, e soprattutto che quest'ultima era sembrata - nella sua superficiale gaiezza - l'unico antidoto ai deliri del Nostradamus della Valtellina, la consumazione di quest'unione incestuosa promette di recare conseguenze funeste qunto persistenti per l'elaborazione del centrodestra italiano nei prossimi anni.

Laddove Tremonti aveva concesso, con le sue sortite, uno spazio enorme di dissenso, la Brambilla ha preferito affiancare un proprio protezionismo casereccio all'antiliberalismo intellettualistico ed inarrivabile dell'altro. Con il risultato di sigillare il posizionamento della compagine berlusconiana sull'unico tema ideale emerso nello scontro elettorale. Posizionamento che i pochi liberali superstiti del PdL hanno dato prova di non voler o saper contestare.

Ora, la buona notizia è che le aspirazioni tremonto-brambillesche faranno certo fatica a superare il vaglio di Bruxelles, e la loro traduzione concreta sarà dunque verosimilmente disinnescata in massima parte. Ma quanto a lungo questa zavorra ideologica condizionerà la cultura politica italiana è una domanda la cui risposta fa davvero paura.

* Ben strano, va detto, è il ragionamento alla base di questo argomento: gli Usa sono liberisti, gli Usa applicano misure protezioniste, ergo le misure protezioniste sono compatibili col liberismo; come a dire: Eliot Spitzer è un uomo dalla moralità specchiata, Eliot Spitzer va a puttane, ergo andare a puttane è attività di alto valore etico. Forse - in entrambi i casi - la premessa maggiore andrebbe vagliata con cura più intensa.

1 commento:

Carlo Stagnaro ha detto...

A proposito di free trade: e se scambiassimo Tremonti con Spitzer, puttana compresa?