sabato 1 marzo 2008

L'Italia un Paese normale?

Massimiliano Trovato ha già segnalato l'intervista di ieri di Pierferdinando Casini. Si perdoni un aneddoto. Una volta, alcuni anni fa, a Venezia per un convegno di "Liberal", dopo averlo ascoltato un amico inglese mi disse: non la pensa come noi, ma mi piacerebbe la pensasse come noi. Si riferiva allo "charme" del buon Pier, alla sua capacità di venditore della politica.
C'è un'altra lettura, oltre a quella che l'Italia stia diventando un "Paese normale": potrebbe essere che quando uno è alla disperazione, come l'Udc/Rosabianca, tenta persino la più disperata delle carte, cioè prendere voti facendo il liberista. Di per sé, la tendenza di queste elezioni pare essere: "todos liberales", tranne la sinistra arcobaleno e Tremonti.
Dopo Casini, e paradossalmente usando Casini come "benchmark" di liberismo, il Sole oggi interpella Lanzillotta e Alemanno. Quello che dice la Lanzillotta non è sorprendente: quello che dice Alemanno sì. Da quando la destra sociale è diventata "privatizzatrice"? O il "lanzilottismo" di Alemanno si può comprendere e leggere soprattutto in funzione anti-leghista (per la Lega, Roma è -ogni tanto- ladrona, ma le municipalizzate mai)?
Credo che Massimiliano abbia fondate speranze su un punto. C'è più "normalità" oggi in Italia di quanto ve ne sia stata negli ultimi anni. Il dramma però è che si tratta di una "normalità" dalla quale il programma della probabile prossima coalizione di governo è meno contagiato di altri.
Nel manifesto del Pdl, ci sono "cosette" buone. Ma sono cosette: e anche gli amici che hanno dato fiato alle trombe, esaltandone il liberismo, si sono fermati sui dettagli per non vedere il quadro nel suo complesso (vedi l'ottimo Della Vedova qui). In realtà, le "cosette" buone (e per fortuna la parte sul lavoro è resuscita, dopo essere stata stralciata nella versione circolata su Libero!) non compensano tre "cosone" preoccupanti: (1) la voglia di "protezione" cui il programma cerca tremontianamente di dare espressione; (2) l'analisi di fondo: stiamo entrando in tempi straordinari che esigono uno straordinario intervento pubblico (banca del Sud, distribuzione di pani e pesci da parte dei comuni, 'piano Fanfani' per una nuova edilizia pubblica); (3) l'assordante silenzio sui grandi nodi della spesa, a cominciare dalla sanità.
Eppure ci sono tanti, nella Cdl, da Sacconi a Della Vedova, da Capezzone a Baldassarri, da Berlusconi che con toni liberisti ha "venduto" alla stampa il programma colbertista, fino persino a un ex statalista a cinque stelle come Alemanno, che non solo pensano, ma parlano pure, in questi giorni di campagna elettorale, usando sfumature molto diverse.
Vincerà la carta del programma, o lo spirito degli uomini di buona volontà? Probabilmente dipenderà semplicemente (e tragicamente) dalle circostanze: chi farà il ministro di che cosa; quanti saranno i punti di distacco fra Pd e Pdl; quanto piglia la Lega; etc.
Uno sguardo al programma del Pd, altrettanto raccogliticcio e goffamente polifonico (una legge sulla concorrenza all'anno! corporate social responsibility nelle imprese! flessibilità "ma anche" sicurezza! più imprenditorialità nella sanità pubblica "ma anche" meno sanità privata! liberalizzazioni nell'energia "ma anche" rottamare il petrolio!), non dà molte speranze in più (nonostante vi sia molta meno paura della globalizzazione, da quelle parti). Siamo in una fase di transizione e delicatissima. Che vi sia nella cultura di mercato qualcosa da imparare, è opinione condivisa da tutti tranne che da un paio di ex ministri dell'economia. Ma il fatto che non si sia ancora appreso come esprimersi e pensare in termini di cultura di mercato, dimostra una volta di più quanto disperato bisogno abbia questo Paese di quella grande opera di "incivilimento" culturale nella quale le persone che animano questo blog si ritrovano spesso troppo sole.

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