giovedì 6 marzo 2008

Chi vuole i dazi?

La proposta di introdurre i dazi sulle importazioni dall'Asia è entrata in maniera decisa tra i temi della campagna elettorale (sia italiana sia americana). Ma davvero i dazi avrebbero effetti positivi per gli italiani? Per analizzarne gli effetti, è opportuno discutere alcuni punti.

1. Dazi e concorrenza illegale
Viene spesso citata, come giustificazione per l'introduzione di dazi sulle importazioni, il fatto che i Paesi emergenti praticano forme di concorrenza "illegali". Prima ancora di discutere sul fatto che fenomeni come il dumping siano davvero forme di concorrenza sleale o meno, c'è da sottolineare il fatto che, se veramente si è a conoscenza di pratiche illegali, o di infrazioni ai codici di commercio internazionali, esistono apposite istituzioni cui denunciare tali pratiche: l'adozione unilaterale di dazi non è certo la risposta corretta.

2. I dazi e la teoria economica
La politica dei dazi riflette una visione dell'economia e del commercio internazionale più vicina al mercantilismo tipica dei secoli passati che non alla moderna teoria economica. In maniera sommaria, secondo la teoria mercantilista il benessere di una nazione dipende dalla costante presenza di un surplus commerciale, e attribuisce quindi al governo il compito di agevolare le esportazioni e frenare le importazioni. In quest'ottica, l'uso dei dazi sarebbe giustificato. Due sono però gli errori che i mercantilisti non seppero cogliere: il primo, che ciò che guida il commercio internazionale non sono i vantaggi assoluti nella produzione, bensì i vantaggi comparati; il secondo, che un continuo e costante surplus commerciale è impossibile, in quanto un surplus inevitabilmente genera un apprezzamento della valuta che, nel lungo periodo, invertirebbe i flussi commerciali, frenando le esportazioni ed incentivando le importazioni.
Secondo la moderna teoria economica, invece, il commercio internazionale consente la specializzazione delle economie sulla base dei vantaggi comparati, in modo da aumentare l'efficienza del sistema economico nel suo complesso: ogni Paese produce ciò che, rispetto agli altri, è in grado di produrre in maniera più efficiente, scambiando poi quei beni con quelli prodotti dagli altri Paesi. In quest'ottica, il commercio internazionale non è più un gioco a somma zero, come era invece nella visione mercantilista, dove il guadagno di uno è la perdita dell'altro, bensì un gioco in cui entrambe le parti coinvolte guadagnano, grazie ai benefici della specializzazione.

3. Effetti dei dazi sui prezzi.
In tempi in cui si dibatte continuamente dei problemi legati all'inflazione, è doveroso sottolineare quale sia l'effetto dei dazi sui prezzi per i consumatori. Inevitabilmente, l'introduzione dei dazi farebbe aumentare i prezzi: poiché la logica dei dazi è quella di disincentivare le importazioni aumentandone il costo, l'effetto inflattivo sui prezzi è una conseguenza ovvia.

4. Effetto dei dazi sul sistema produttivo
L'introduzione dei dazi ha l'ovvio ed immediato effetto di generare, ceteris paribus, un vantaggio in termini di minori costi per i produttori nazionali. Ma questo significa assicurare alle imprese nazionali il mantenimento di un margine di inefficienza nella produzione, in termini di maggiori costi, senza che questo abbia effetto sulla loro capacità di competere con le imprese straniere. Ciò significa, in altri termini, tutelare e difendere imprese che, in un libero mercato, sarebbero costrette a ristrutturarsi o a chiudere; più a lungo sono mantenuti i dazi, più viene ritardato l'aggiustamento del sistema. In questo modo si ottiene anche il poco nobile risultato di mantenere i lavoratori legati a posti di lavoro destinati comunque a scomparire, creando l'illusione di una inesistente sicurezza, ritardandone la riqualificazione ed il reinserimento nel mondo del lavoro in posizioni con migliori prospettive. In buona sostanza, si chiede ai cittadini di pagare una tassa a favore di imprenditori che non sono in grado di reggere la competizione straniera. È una sorta di remunerazione forzata del marchio made in Italy che altrimenti gli italiani non sarebbero evidentemente disposti a pagare.

5. Effetto dei dazi sulla qualità delle importazioni
I dazi possono avere effetti perversi sulla qualità delle merci importate. Supponiamo (come spesso avviene con alcuni Paesi emergenti) che da un Paese arrivino merci del tutto identiche nell'aspetto e nelle funzioni, ma prodotte a volte con materie prime di qualità, ed altre con materie prime scadenti, se non illegali (pensiamo, ad esempio, ai giocattoli con le vernici al piombo), con ovvi effetti sulla qualità complessiva del prodotto finale. È evidente che questo secondo tipo di merci viene prodotto solo se l'uso di materie prime scadenti o illegali consente un risparmio di costi: in caso contrario, la loro produzione non sarebbe economicamente comprensibile.
Come detto, i dazi hanno l'effetto di aumentare il prezzo delle merci importate, e di conseguenza spingono il produttore estero a cercare di tagliare i costi in modo da poter ridurre il proprio prezzo e mantenere la competitività della propria merce sul mercato internazionale. Questo può produrre il paradossale effetto di incentivare i produttori stranieri ad utilizzare materiali scadenti (se non illegali) in modo da ridurre i propri costi di produzione al fine di contrastare i dazi e difendere le proprie vendite sui mercati esteri. Ovvero, l'introduzione dei dazi stimola il ricorso a quelle formule illegali di concorrenza che si dice di voler combattere.

Da ultimo, anche l'evidenza empirica, come documentato ad esempio in questo articolo sul numero di dicembre 2007 dell'American Economic Review (ma di citazioni se ne potrebbero fare a decine), non sembra troppo tenera con le politiche protezioniste.

Se qualcuno ritiene corretta e valida la proposta di introduzione dei dazi sulle importazione, vorrei sentire quale giustificazione intende addurre a propria difesa. Onestamente, pare difficile trovarne.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Eccellente.

L'unica giustificazione economica del protezionismo è che danneggia alcuni prorpeitari di fattori di produzione specifici, e in questo caso il protezionismo è equivalente ad una politica redistributiva a danno dei consumatori.

Quindi non esistono giustificazioni per il protezionismo che non siano "faccio demagogia da quattr soldi per ottenere voti dai gruppi di pressione che verrebbero danneggiati dalla concorrenza". Nihil novi sub soli.

Sono grato a Tremonti per avermi fatto guadagnare un week end: m'ha convinto all'astensione. Con liberali così, perchè temere i comunisti?

LF

Gianluca Gheriglio ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con le tesi sostenute da questo post. Purtroppo c'è una corrente politica che si definisce liberale che non è dello stesso avviso. E' molto istruttivo vedere la puntata di Anno Zero di ieri (6.3.08) in cui Tremonti accusa i "Folli Illuminati" che non sono stati capaci di frenare la globalizzazione con i dazi. In questo "Tremonti - pensiero" c'è una critica al mito della competitività che, secondo lui, genererà povertà. C'era una sconcertante corrispondenza fra questa impostazione e quella espressa da Bertinotti. Temo che questo, purtroppo, sia il pensiero unico che sta portando il nostro paese verso una crisi di grande entità.

Anonimo ha detto...

Il liberismo fa bene al mondo. Ma la transizione potrebbe peggiorare la condizione di qualcuno.

Prendiamo i prezzi, per alcuni cittadini della comunità A l' inflazione potrebbe aumentare in caso di apertura delle frontiere. Se concentrano i loro consumi su beni la cui domanda si amplierà di molto, probabilmente vedranno calare il loro reddito reale. La teoria economica ci dice che la produzione aumenterà ma non che tutti i prezzi scenderanno.

Lo stesso dicasi per i costi di alcune imprese.

Purtroppo il liberismo fa bene al mondo, più ricchezza verrà prodotta. Cio' non significa che faccia bene a tutti. D' altronde la teoria dei costi comparati è tanto cristallina quanto disattesa, basta prendere in mano un libro di Storia.

Ecco di seguito un' altra situazione problematica, forse più concreta. L' apertura delle frontiere economiche fa benissimo alla nostra comunità, purchè ci si adatti prontamente ai cambiamenti. Qualora la nostra struttura produttiva soffrisse di forti rigidità, potrebbe essere logico seguire una cronologia delle riforme: prima le liberalizzazioni interne, poi quelle esterne.

C' è poi il caso che ha convertito Einaudi, quello delle giovani impresucce in fiore.

Parla chi, dopo aver ascoltato qua e là Tremonti, ha perso la voglia di votare. Spero solo che sia a caccia di consenso da tradire, come ogni buon politico.

saluti da bronko

Anonimo ha detto...

It is my first message here, so I would like to say hallo to all of you! It is definitely diversion to join your community!