Andrea Giuricin ha scritto per l'IBL un eccellente "Briefing Paper" sul "piano Bianchi" per la riorganizzazione (leggi: pianificazione) del sistema aeroportuale. Qui è possibile leggere l'opportuna sintesi fatta da Gianni Dragoni per Il Sole 24 Ore.
E' importante comprendere, come bene spiega Andrea, che lo strepitoso sviluppo delle compagnie low cost è stato reso possibile solo grazie a quel poco o quel tanto di concorrenza che esiste fra scali aeroportuali. E' stata la possibilità di appoggiarsi a realtà come Orio al serio, Charleroi a Bruxelles, Orly a Parigi, che ha consentito alle compagnie a basso costo di innovare profondamente il mercato, forti di risparmi che in altri scali sarebbero stati inimmaginabili. Parallelamente, se ne è giovato anche "lo sviluppo del territorio" (espressione amatissima dai nostri politici), sia per l'indotto generato da un più intenso traffico aereo, sia per la rivalutazione di intere aree proprio a causa della presenza di un aeroporto attivo.
Il processo, insomma, sembrerebbe assolutamente virtuoso. Che vuole fare il ministro Bianchi? Nulla di nuovo: intende portare ordine nell'anarchia del mercato. Decidere centralisticamente quali-aeroporti-devono-fare-cosa.
Due argomenti classici dell'arsenale liberale lavorano benissimo contro questa intenzione:
- primo, la conoscenza come sempre è dispersa e localizzata. Il ministro pensa che, siccome dispone di una "visione d'insieme", possa fare meglio. Ma la sua visione d'insieme va poco oltre la mappa degli aeroporti: compagnie aeree ed operatori del turismo interagiscono in tempo reale con i consumatori, hanno un quadro delle loro preferenze più aggiornato e presente.
- secondo, appesantendo la "variabile politica", si passa dalla "anarchia del mercato" alla "arbitrarietà del potere". Si toglie spazio alla contrattazione puntuale fra compagnia ed aeroporto, passando ad uno schema nazionale che, essendo definito da persone che stanno dove stanno perché hanno avuto consenso in un'elezione democratica, dovrà analogamente tener conto delle pretese dei territori. Solo che lo sviluppo del territorio non è più una potenzialità alla quale uno scalo aeroportuale può contribuire, perché esso è interessante e sa rendersi interessante al traffico aereo. Diventa invece una "prerogativa" che i decisori politici locali cercano di "portare a casa" per sè in una negoziazione col governo di Roma.
Passare da una negoziazione di mercato a una negoziazione politica non è un gran passo avanti. La prima, poi, ha reso possibile uno sviluppo imprevisto delle compagnie a basso costo. La seconda potrà rendere possibile solo un prevedibilissimo sviluppo di nuove forme di "clientelismo aeroportuale".
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