Secondo alcune indiscrezioni pubblicate oggi dal Financial Times, la Commissione europea starebbe esaminando un dossier riservato per valutare "una serie di misure per restringere l'accesso di compagnie straniere al settore energetico europeo, e in particolare alle reti di trasmissione di elettricità e gas". Per esempio, una tra le opzioni in ballo sarebbe l'introduzione di una clausola di reciprocità, in virtù della quale compagnie (per esempio) russe perderebbero l'opportunità di entrare sul mercato continentale. E tutto ciò, ironicamente, dovrebbe rientrare nel pacchetto per aumentare la competizione sul mercato interno la cui diffusione è prevista per il 19 settembre.
Nella migliore delle ipotesi, la Commissione sta cercando di fare realpolitik spicciola: chiude il mercato interno allo scopo di indebolire le opposizioni di quanti temono incursioni straniere. Ma è davvero una tattica saggia? Non credo proprio. Intanto, così facendo si dà di fatto ragione a coloro che ritengono vi sia una differenza "biologica" tra le compagnie europee e quelle straniere. Sebbene possano effettivamente esistere casi in cui un gruppo straniero, controllato dallo Stato, segua logiche politiche anziché economiche nelle sue pratiche commerciali, tale verifica andrebbe condotta caso per caso, non generalizzata a tutti quanti. Secondariamente, è davvero curiosa la tesi secondo cui, per aumentare la concorrenza, bisogna ridurre la concorrenza. In terzo luogo, è semplicemente risibile l'argomento delle reti. Sia perché le reti lì sono e lì restano, a prescindere dalla nazionalità degli azionisti; sia, soprattutto, perché nel momento in cui venga fissato il principio dell'unbundling proprietario, esso riguarderebbe tanto le imprese europee quanto quelle extracomunitarie. Se cioé si decide che l'integrazione verticale va limitata, allora va limitata anche quando - per fare nomi e cognomi - c'è di mezzo Gazprom. A guardar bene, dunque, viene il sospetto che Gazprom non sia il problema, ma solo il paravento dietro cui i sempre meno ex monopolisti nascondono le loro strategie di dominio del mercato.
3 commenti:
non penso di aver capito la descrizione di "reciprocità". per quanto ne so io significa che lo Stato A permette l'ingresso delle imprese dello stato B se quest'ultimo fa lo stesso. In questi termini, l'accesso ad un mercato appetibile come quello europeo potrebbe far schiudere altri mercati, creando una liberalizzazione generalizzata ed extra-europea. Il che non mi pare male.
E poi non dimentichiamoci la clausola della nazione avvantaggiata del WTO...
Quello che dice il signor Marcoaurelio è sicuramente vero. Mi permetto però di spezzare una lancia in favore di Carlo Stagnaro. Credo difatti che il suo punto di vista rifletta una sfumatura ulteriore del concetto di reciprocità.
Un generico mercato è il luogo di incontro tra domanda ed offerta di un qualsiasi bene o servizio. Quando si dibatte di concorrenza, si fa riferimento (ipotizzando un certo grado di libertà decisionale della domanda) alla sola offerta.
Tenendo in mente l'obiettivo finale, ossia rendere massima la pressione competitiva all'interno del mercato comune europeo; e la sua motivazione: fare in modo che la qualità dei servizi e che il livello dei prezzi siano i migliori possibili, schematizziamo - con l'accetta - l'esempio di Europa e Russia.
La domanda è localizzata in Europa, mentre l'offerta viene generata sia in Europa sia in Russia. La clausola in questione rappresenta un ostacolo competitivo in quanto obbliga la Russia a dover aprire la sua domanda alle nostre imprese. Si sta cioè facendo leva su un elemento esterno al perimentro del problema, la domanda russa. Se dunque, per qualsiasi motivo, la Russia dovesse non accettare di farlo (provocando, tra le altre cose, gli stessi effetti deleteri al proprio mercato interno) le dimensioni dell'offerta (del mercato europeo)diminuirebbero, e con loro il grado di pressione competitiva. E a cascata: la qualità dei servizi e il livello dei prezzi peggiorerebbero.
Se per qualsiasi ragione si pone un vincolo ad una parte dell'offerta, si rende implicitamente più onerosa la possibilità di competere al fine del soddisfacimento della domanda. Dunque, si limita il potenziale benessere raggiungibile dal mercato, ora di dimensioni più ridotte.
Per questo, credo, sia possibile affermare - come fa Carlo - che un'eventuale clausola di reciprocità non avrebbe nulla a che fare con l'obiettivo di massimizzazione della concorrenza nel mercato comune, anzi.
concordo con la risposta. Allora poniamo così:
second best: apertura del mercato russo ed europeo sia dal lato della domanda che dell'offerta
third best: apertura del mercato europeo all'offerta russa senza vincolarlo ad una clausola di reciprocità
resta da stabilire quali di questi scenari è praticabile. dal post e dal commento mi pare che si ritiene più probabile e attuabile il third best.
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