In Italia, qualcuno non perde tempo e chiede "garanzie" al governo: lo fa, per esempio, il segretario della Cisl Bonanni il quale, pur nel contesto di un'intervista in cui dà prova di ragionevolezza difendendo la legge Biagi, non rinuncia a chiedere a gran voce "nuove regole per evitare altre crisi finanziarie". Chiedere non costa niente, ma talora le risposte posso invece rivelarsi molto costose - nel lungo periodo.
Mentre forse varrebbe la pena sospendere il giudizio sull'azione-tampone dei tecnocrati delle banche centrali, mi sembra molto saggio quanto scrivono Francesco Giavazzi e Alberto Giovannini sul Corriere della sera:
Situazioni di crisi come quelle che viviamo in questi giorni inducono due tipi di fenomeni. Da un lato il pubblico e variegati «predicatori» chiedono ai governi di non star con le mani in mano. Dall’altro i governanti stessi sentono il bisogno di dimostrare il loro impegno ad affrontare i problemi annunciando iniziative di vario genere: indagini sulle Agenzie di rating, l’introduzione di tasse sulle transazioni finanziarie, etc. E’ vero che talvolta una crisi può mettere in evidenza in maniera più netta i fallimenti del mercato e offrire l’occasione per riforme efficaci.Questo è successo in più occasioni: nel 1987 ad esempio il collasso delle transazioni sui mercati americani ha avviato il processo di creazione del più efficiente sistema di infrastrutture di mercato che tuttora esista al mondo. Ma spesso l’attivismo, la fretta, l’illusione che problemi difficili abbiano soluzioni semplici, rischiano di buttar via «con l’acqua sporca», i benefici di un mercato finanziario che è diventato più efficiente nel diversificare il rischio e più aperto per tutti.
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