sabato 24 maggio 2008

Nucleare e mercato

La maggior parte dei commenti al mio ultimo post sul nucleare riguardano la presunta incompatibilità tra il nucleare e il mercato. Questa posizione è stata espressa anche, tra gli altri, da Ermete Realacci e Gianni Silvestrini. La mia sensazione è che questo dibattito sia del tutto inutile e fuorviante. La vera questione non è nucleare sì o nucleare no: questo tema riguarda solo le aziende che intendono scommettere su questa opzione e i loro azionisti. La competitività del nucleare dipende da una marea di variabili, la maggior parte delle quali esogene (i prezzi del petrolio nei prossimi 30 anni, le condizioni del mercato del credito, eccetera). Una sola leva è a disposizione del governo: il rischio politico ossia, in termini più espliciti, la credibilità della politica energetica dell'esecutivo.

In altre parole, la via che dovremmo seguire non è quella dell'obbligo o del divieto - che invece mi pare sia la più gettonata - bensì quella del nucleare possibile. Qual è il fattore dominante, e quale dovrebbe essere l'impegno della maggioranza? La risposta è semplice: la creazione di un framework normativo e regolatorio chiaro e stabile (per questo dicevo che non si può pensare di procedere, su un terreno del genere, a suon di forzature parlamentari). Anche chi è contrario al nucleare per ragioni di natura economica e finanziaria non dovrebbe avere obiezioni. Quel di cui il paese ha un maledetto bisogno è di un percorso autorizzativo ben definito e di un'attività regolatoria calibrata con la possibilità che qualcuno tra gli attori operanti in Italia (oppure un nuovo entrante) voglia tentare la carta dell'atomo. L'Autorità per l'energia non ha alcuna competenza in materia di nucleare. Analogamente, l'iter amministrativo oggi esistente è stato concepito ai tempi del monopolio pubblico e non è coerente con un sistema liberalizzato.

Se il governo saprà definire il quadro generale entro cui le aziende si possano muovere, avrà reso un grande servizio al paese. L'obbligo di chi crede nel mercato è assumere una posizione in qualche modo defilata e impopolare: battersi perché il nucleare sia possibile, ma anche perché non sia erogato un solo euro di denaro pubblico (o perché l'intero costo degli impianti vada in bolletta, non in tariffa). Queste cose il mercato le vede, e provvede di conseguenza. Se, nonostante tutto, nessuno vorrà effettivamente investire sul nucleare, non sarà un fallimento del mercato, ma un fallimento di quella specifica tecnologia (così come l'assenza di competitività è un fallimento, per esempio, del solare fotovoltaico). Quello che proprio non mi appassiona è la logica del derby. Se vogliamo scannarci e urlare cori da stadio, allora non è il caso di scomodare Enrico Fermi. E' più utile e divertente sbrigarla da uomini.

Crossposted @ RealismoEnergetico

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