sabato 31 maggio 2008

L'inflazione di decreti salvAlitalia e il vuoto di idee per la ristrutturazione

Siamo ormai al terzo decreto salvAlitalia in meno di due mesi:
1) col primo il governo uscente concedeva il prestito statale bipartisan di 300 milioni di euro a 'condizioni di mercato';
2) col secondo il governo attuale stabiliva, in deroga alle norme che regolano il funzionamento delle S.p.A., che Alitalia può considerare a suo piacimento il suddetto prestito come capitale proprio se questo le può servire per ripianare perdite consistenti che potrebbero ingenerare per la medesima conseguenze fastidiose quali dover abbattere e reintegrare il capitale sociale;
3) col terzo decreto, datato ieri, è avviata una nuova fase del processo di privatizzazione che vede la nomina di Banca Intesa come advisor.
Anche in questo caso sono state stabilite deroghe non irrilevanti: (a) alle norme generali sui processi di privatizzazione (risalenti al 1994); (b) alle norme sugli obblighi di informazione al mercato che riguardano le società quotate, i quali vengono ora sospesi, nel solo caso Alitalia, tra l'individuazione del soggetto acquirente e la presentazione dell'offerta.
Non posso che estendere a questo provvedimento un giudizio fortemenente negativo, analogo a quello formulato in relazione ai due precedenti: sono tutti espressione di un dirigismo economico criticabile sia dal punto di vista del metodo che per l'impossibilità di conseguire risultati apprezzabili. Per quanto riguarda il metodo è evidente che si è di fronte a un abuso della legislazione la quale, nel tentativo di cucire vestiti normativi su misura di Alitalia, è distruttrice del diritto (poichè trasforma regole in variabili). In secondo luogo la strada intrapresa, oltre a essere discutibile sul piano procedurale, è criticabile per il fatto che non riuscirà a ottenere, utilizzando strumenti sbagliati, i risultati che persegue.
Alitalia non si salva con norme ad hoc ma con un piano efficace di ristrutturazione. L'acquirente (o finanziatore non pubblico) serve per conferire i capitali necessari per attuare il piano ma non è indispensabile per iniziare ad elaborarlo. Se si aspetta a predisporlo, per contro, Alitalia fallirà prima di trovare un acquirente poichè nessuno sarà disponibile a mettere dei soldi se non può avvalersi di un piano credibile di ristrutturazione (questa è la ragione principale per la quale non si è ancora materializzata la cordata tricolore).
Alitalia ha bisogno urgente, più che di un advisor per la cessione, di un advisor competente in ristrutturazioni di compagnie aeree in crisi. Dubito che esista in Italia e non vorrei che un patriottismo ingenuo impedisse di cercarlo altrove. Il nostro vettore di bandiera necessità di una ristrutturazione da almeno un quinquennio, da quando è emerso che anche (o soprattutto) dopo Malpensa continuava a registrare perdite sistematiche.
Il solo piano che ha visto la luce in questo periodo è stato quello predisposto da Maurizio Prato, coerente con la cessione a Air France. Esso è stato avviato dal punto di vista dell'offerta con l'orario della stagione estiva, a inizio aprile, esattamente in concomitanza con l'uscita del suo autore dall'azienda. Dal punto di vista del contenimento dei costi, invece, non si ha notizia che siano stati attuati provvedimenti significativi. Poichè l'offerta di voli è stata ridotta e i costi operativi totali non sono stati abbassati nella stessa proporzione, è prevedibile un incremento non trascurabile dei costi unitari di produzione (costi operativi per posto km offerto) col II trimestre. Questi maggiori costi unitari non potranno trovare copertura in maggiori proventi unitari a causa dell'elevata pressione concorrenziale nel mercato e si tradurranno in conseguenza in maggiori perdite operative, sia unitarie che totali.
A questo fattore si deve aggiungere un prevedibile calo di prenotazioni causato dall'incertezza sul futuro della compagnia: non è razionale comperare un biglietto Alitalia se si teme che alla data prevista l'azienda potrebbe aver interrotto l'operatività e non essere in grado di effettuare il volo. Si sceglierà una compagnia più solida, con conseguenze negative sul load factor e sul conto economico del vettore di bandiera. Questo effetto sembra già aver iniziato a verificarsi col prime trimestre 2008: il traffico passeggeri si è ridotto quasi del 10% rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente (nonostante la Pasqua anticipata), con un effetto riduttivo di tre punti percentuali sul già contenuto load factor di Alitalia.
Pensare che si possa trovare un acquirente 'di mercato' in una simile fase, caratterizzata da ulteriore deterioramento e dalla totale assenza di idee per arrestarlo appare del tutto illusorio.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma voi che parlate tanto di mercato... E pensare che sia invece lo Stato a risanare Alitalia con dei manager migliori e un piano industriale serio non vi è frullato per la testa? Perchè deve sempre essere il vostro Dio mercato ad intervenire???
Marco R.

Anonimo ha detto...

Con quali risultati Marco? Una rapina fatta nelle mie tasche un giorno si e l'altro no?
Privatizzarla è l'unica soluzione.

Anonimo ha detto...

Mirko. Forse non ci siamo capiti. LO Stato, in quanto stato, è legittimato a prendere i soldi dalle mie tasche per risistemare una compagnia aerea che è nazionale, che è di tutti! Deve farlo è suo dovere. Il problema ora sta nel trovare un management serio, non nel darla ai privati che manderebbero per la strada un sacco di persone che del disastro della compagnia non hanno alcuna colpa.
Marco

Anonimo ha detto...

Confesso che il ragionamento di Marco R. mi lascia un po' perplesso. Facciamo gli statalisti e stiamo al catalogo di compiti comunemente riconosciuti come propri dello Stato. C'è: mantenere l'ordine pubblico, sicuramente. C'è anche aiutare i più deboli. Fornire a tutti un'istruzione di qualità che consenta un'eguaglianza dei punti di partenza. Ma "salvare" una compagnia come Alitalia?
In realtà Alitalia non dovrebbe esistere, neanche in uno Stato socialista. Serve a mantenere l'ordine pubblico? No. Serve ad aiutare i più deboli? Al contrario. E' finanziata coi soldi di tutti (poveri inclusi) e fornisce un servizio (il trasporto aereo) tipicamente utilizzato dai più ricchi. Inoltre, non fornisce neppure quel servizio "a prezzo politico": cioè non consente neppure a chi ha meno soldi di viaggiare in aereo (quello lo fanno, paradossalmente, compagnie private votate al profitto).
E allora, che ci sta a fare? Non sarebbe meglio se lo Stato, che ha buttato nel cesso vagonate di quattrini per Alitalia, avesse usato quegli stessi denari per pagare una seria bonifica della criminalità al Sud? O li avesse usati come fondi per potenziare l'istruzione superiore?
Ancora: si dice che lo Stato dovrebbe "trovare buoni manager" e che la compagnia "è di tutti". Cominciamo dal secondo punto. Anche il debito pubblico "è di tutti", ma se ce lo levassero dalle balle saremmo solo contenti.
Quanto al primo punto, se lo Stato, che ha assunto, cambiato e strapagato fior di manager per Alitalia, non è riuscito ad impedire perdite operative negli ultimi nove esercizi (governi di sinistra, poi di destra, poi di nuovo di sinistra), per quale misteriosa ragione dovrebbe farcela ora?
Poi, vabbé, facciamoci del male... (come in effetti ci facciamo!)

Anonimo ha detto...

Marco, il privato "manderebbe per strada un sacco di persone" proprio perchè non può socializzare i debiti a fine anno. Un privato che vuole stare sul mercato mica si può permettere esuberi di personale a iosa.