giovedì 1 novembre 2007

Class Action all'italiana

L’emendamento Bordon-Manzione introduce in Finanziaria la class action, strumento legale tipicamente americano, e che già riceve numerose critiche in patria. La class action mantiene una certa allure ideologica: tanti piccoli Davide si uniscono e sconfiggono Golia. Ma farà davvero bene ai consumatori la possibilità di agire in sede legale per chiedere un risarcimento "di classe"? (e dimenticate i tempi in cui a classe associavate le lotte marxiste: ora si fa "classe" acquistando un frullatore difettoso!) L'esito dell'azione si riduce spessissimo a cifre irrisorie per il singolo consumatore - molto meno irrisorie per lo studio legale che porta ha difeso la classe, per nulla irrisorie per le aziende convocate in giudizio. Le spese legali, insieme ai maggiori costi in controlli qualità, impatterano sull'efficienza produttiva delle imprese, aumentando il prezzo dei beni sul mercato, e di conseguenza meno consumatori potranno permettersi frullatori. Siamo sicuri di volerlo? In un contesto come quello europeo, poi, in cui la regolamentazione è soffocante, e dove sono già previsti due anni di garanzia obbligatoria per qualsiasi prodotto venduto? Certo, non tutte le azioni di classe (ma quasi) si riducono a chiedere risarcimenti per frullatori difettosi. Ma la class action ha senso in un sistema giuridico come quello americano, in cui non vi è la cosiddetta english rule, cioè non è previsto che chi perde una causa debba sobbarcarsi anche le spese legali dell'altra parte - cosa che avviene in Italia. In questo sistema la class action riequilibra l'accesso alla giustizia per le small claim, quelle cause di poca entità la cui vittoria non coprirebbe le spese legali, che da noi più facilmente rientrano - e sovraccaricano - il sistema giurisdizionale. Va bene il "tu vuò fa l'americano", ma dobbiamo proprio scimmiottare un istituto che non c'entra nulla con l'economia del nostro sistema giuridico, che aggrava ancora il nostro sistema produttivo, e che aggiunge così poco al benessere dei consumatori?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Premetto che non sono un addetto ai lavori, quindi potrebbe sfuggirmi la visione d'insieme, ma le motivazioni dell'articolo contro la class-action non mi sembrano abbastanza convincenti.

“L'esito dell'azione si riduce spessissimo a cifre irrisorie per il singolo consumatore - molto meno irrisorie per lo studio legale che porta ha difeso la classe, per nulla irrisorie per le aziende convocate in giudizio.”
Una cifra irrisoria non è comunque meglio di niente per dei clienti truffati? Con una causa singola prenderebbero di più a parità di sforzi? Se le aziende sono condannante con costi pesanti, non è forse per delle loro colpevoli mancanze (e quindi sono solo quelle scorrette ad essere sanzionate)?

“Le spese legali, insieme ai maggiori costi in controlli qualità, impatterano sull'efficienza produttiva delle imprese, aumentando il prezzo dei beni sul mercato, e di conseguenza meno consumatori potranno permettersi frullatori.”
Il controllo qualità non avrebbe dovuto esserci da principio? Il prezzo di conseguenza non aumenta solo per le aziende che hanno approfittato della clientela con prodotti non a norma, mentre la concorrenza onesta ne viene avvantaggiata?

“In questo sistema la class action riequilibra l'accesso alla giustizia per le small claim, quelle cause di poca entità la cui vittoria non coprirebbe le spese legali, che da noi più facilmente rientrano - e sovraccaricano - il sistema giurisdizionale.”
Non sarebbe un bene se numerose cause minori identiche fossero accorpate in una sola?

Se sarà un bene o un male dipende da come verrà implementata nel sistema giuridico.

Se in questa occasione http://www.altalex.com/index.php?idstr=0&idnot=765 fosse stata fatta una class action, il popolo italiano ne avrebbe giovato?

Anonimo ha detto...

Quer pasticciaccio brutto della Class Action all’Italiana
Data: 19 Novembre 2007

http://www.stefanomannacio.it/2007/11/19/quer-pasticciaccio-brutto-della-class-action-allitaliana/

In un recente scambio epistolare con il Presidente di MDC, Antonio Longo, avevo stigmatizzato il formulato, poi approvato per errore al Senato, sull’istituzione della class action che pone una riserva quasi esclusiva alle associazioni appartenenti al CNCU. In poche parole si tradisce lo spirito originario della class action americana che dovrebbe, per i successi che ha ottenuto, essere il modello di riferimento, un modello diffuso sul territorio. Con la class action all’italiana si rischia di creare un sistema ”controllato e diretto” dal Ministro dello Sviluppo Economico, che, per legge (art. 136 del Codice del Consumo), presiede il CNCU.

Le imprese non dovrebbero essere preoccupate più di tanto, salvo che il ministro di turno, magari alzandosi male una mattina, non decida di convocare le associazioni per invitarle, magari con la promessa di qualche finanziamento, a ”colpire una azienda per educarne cento”. E’ evidente che i contributi potrebbero essere erogati anche per la ragione opposta! A fronte di tale scenario, le difese “corporative” del provvedimento da parte di Federconsumatori, sembrano surreali come il sostegno, a spada tratta, di Adiconsum e Adusbef, Essendo tutte associazioni appartenenti al CNCU e, guarda caso, strenue paladine dell’indennizzo diretto, comprendiamo benissimo la volontà di sostenere quello che è per loro una specie di ”asso piglia tutto”, come peraltro espresso da alcuni comunicati (qui, qui e qui) dell’ADUC, una associazione fuori dal coro.

Unknown ha detto...

Non so perchè nessuno abbia ricordato che la class action introducendo di fatto un maggior controllo sulla qualità dei prodotti e servizi, porta a creare un contesto competitivo più difficile che, in Usa, ha avuto come risultato quello di contribuire a creare prodotti più competitivi con quelli esteri. Già anni fa spiegava questo concetto il Porter nel ''vantaggio competitivo delle nazioni''. Scordarsi questo aspetto svilisce l'analisi