giovedì 10 luglio 2008

Waiting for Alitalia…

Alitalia non se la passa bene. La decisione del 9 Luglio scorso del Tribunale europeo di prima istanza che ha respinto il ricorso della compagnia circa la ricapitalizzazione di 1,4 miliardi di euro, effettuata dopo la liberalizzazione del mercato europeo, è l’ennesima conferma della situazione critica della compagnia; probabilmente la decisione europea è più triste per il contribuente italiano che per il vettore di bandiera. Risulta infatti sempre più evidente che il vero perdente di tutti questi finanziamenti a fondo perduto ad Alitalia è colui che con le proprie tasse permette al vettore di sopravvivere.

La compagnia sarebbe già fallita da lustri e senza le operazioni straordinarie degli ultimi mesi, la disponibilità finanziaria netta di Alitalia sarebbe stata negativa per circa 450 milioni di euro.
Il prestito ponte verrà molto probabilmente bocciato, ma è stata l’ultima carta giocata da parte della politica e con l’approvazione del sindacato per mantenere in vita la compagnia.

La terza fase di privatizzazione è iniziata da più di un mese e il nuovo advisor Intesa – San Paolo sembrerebbe avere assunto una direzione per uscire dalla crisi alquanto dubbia.
La creazione della NewCo Alitalia a cui verrebbero assegnati tutti gli asset più preziosi del vettore di bandiera andrebbe ad AirOne senza alcuna gara. La bad company, con migliaia di esuberi, rimarrebbe in mano statale che si ritroverebbe a gestire la parte fallimentare di Alitalia a proprie spese.
La soluzione sarebbe dunque ottima per Intesa – San Paolo, che è creditrice nei confronti delle due compagnie italiane, sufficiente per AirOne che crescerebbe tramite fusione e pessima per lo Stato a cui rimarrebbe il peggio di Alitalia.

E la cordata d’imprenditori italiani? I dubbi erano leciti nei mesi scorsi, in quanto a distanza da tre mesi dalle elezioni, nessun imprenditore è uscito allo scoperto. Non è detto che qualche d’uno non possa arrivare con le famose chip da 50 – 100 milioni di euro, ma difficilmente un imprenditore investe i propri soldi in un’impresa che perde quasi un milione di euro al giorno per dieci anni.

La nuova AliOne, infatti, nel 2008 non se la passerà bene a causa dell’aumento del prezzo del carburante e se le due compagnie fossero unite, insieme potrebbero avere perdite per circa 400 milioni di euro. Resterebbe un piccolo operatore europeo, con il 4 per cento del mercato e un piccolo monopolista su alcune rotte nazionali (Milano Linate – Roma Fiumicino). La compagnia sarebbe estremamente debole al di fuori di uno dei vettori di riferimento del mercato europeo (Air France – KLM, Lufthansa, BA).

Alcune fonti giornalistiche hanno immaginato che certi imprenditori, in particolar modo Ligresti e Benetton, sarebbero intervenuti a salvare Alitalia, grazie ad uno scambio su più fronti. L’aumento delle tariffe autostradali sembra indicare che si possa andare in questa direzione, ma mi permangono dei dubbi; non credo che degli investitori brucino dei soldi in un’avventura molto da “Repubblica delle banane”. Inoltre i Benetton avrebbero dei seri problemi con l’antitrust perché sono proprietari di società aeroportuali e difficilmente potrebbe lanciarsi nel salvataggio di Alitalia senza abbandonare il business aeroportuale; questo abbandono quasi certamente non avverrà perché le società aeroportuali sono dei monopoli naturali e hanno degli ottimi rendimenti, mentre il settore aereo è troppo concorrenziale ed i rischi sono estremamente elevati.

Alitalia dovrebbe essere fallita, ma la politica ed i sindacati non riescono a separarsi dal loro gioco ormai rotto da una gestione pubblica fallimentare.
Si aspetta una soluzione per Alitalia, ma forse sarebbe meglio rendersi conto che la soluzione migliore è il commissariamento e l’attesa costa solo altri soldi al contribuente.

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