Alitalia dovrebbe finalmente essere venduta ad Air France. Il percorso a tappe verso la privatizzazione ha seguito logiche demenziali e contraddittorie - come ha ben ricordato in più di una occasione il "nostro" Andrea Giuricin. Proprio Giuricin però ha anche messo in chiaro come, dovendo scegliere fra Air France ed Air One, l'offerta francese fosse assai più attraente.
Sono della stessa opinione tutti i commentatori più avveduti - incluso l'ex direttore dell'Economist, Bill Emmott.
A chi viene lasciato il controcanto? A Letizia Moratti e Roberto Formigoni, che anziché pensare a come una gestione più imprenditoriale potrebbe riqualificare Malpensa, strepitano perché l'azienda non è restata in mani "italiane" - cioè non è stata acquistata dalla "league of extraordinary gentlemen" guidata da Carlo Toto e ben supportata dalle banche, indispensabili per uno sforzo del genere da parte di Air One.
La tardiva privatizzazione di Alitalia è comunque migliore dell'unica alternativa politicamente immaginabile: continuare a far pagare il conto delle inefficienze del vettore ai contribuenti italiani. Ne valeva la pena, per compiacere il bisogno di grandeur dei politici lombardi?
2 commenti:
A quanto è dato di intendere grazie ad alcune pubbliche dichiarazioni, la posizione di Formigoni appare meno irragionevole di quella degli altri pretesi "paladini del Nord" (che forse farebbero bene a occuparsi maggiormente di imposizione fiscale e un po' meno di concorrenza e privatizzazioni...). La principale preoccupazione del presidente della Lombardia è che, nel cedere Alitalia ad Air France, non ci si dimentichi di prevedere una fase di "transizione" la quale eviti di lasciare Malpensa del tutto sguarnita da collegamenti internazionali. Insomma, se i francesi vogliono puntare su Fiumicino lo facciano, ma diano il tempo all'aereoporto milanese di trovare adeguati sostituti. Formigoni ha espressamente parlato della necessità di mantenere taluni collegamenti internazionali per due anni e mezzo.
Questa posizione appare certo più sensata di quella di chi difende l'italianità in quanto tale (quando invece il pregiudizio andrebbe rovesciato, dato che "ceteris paribus" per uno straniero è più difficile avere forti agganci all'interno della politica romana e quindi vampirizzare contribuenti e consumatori).
E' però vero che oggi il rischio maggiore è che tali dichiarazioni contribuiscano a far perdere altro tempo, rinviando a data da destinarsi la privatizzazione della compagnia di bandiera, o anche che aiutino a rimettere in corsa la peggiore delle soluzioni, quella di Air One: compagnia senza soldi, ma con forti collegamenti politici e para-politici (leggi: le banche italiane).
Ultima considerazione. Come mai quanti si ergono a difensori del Nord non spendono una sola parola contro il fatto che tutti e tre gli aeroporti milanesi sono di fatto controllati da un solo azionista, il Comune di Milano? Come è possibile avere buoni servizi senza che vi sia concorrenza tra Malpensa e Linate, e tra Linate e Orio? E come è possibile che le imprese settentrionali abbiano servizi aeroportuali di qualità quando il consiglio di aministrazione non è composto da imprenditori, ma da uomini nominati dai partiti?
Soprattutto la signora Moratti dovrebbe chiedersi se, prima di contestare il cda di Alitalia, ha fatto tutto il necessario per dare slancio e dinamismo a strutture oggi lottizzate e largamente inefficienti.
Carlo Lottieri
IBL
Signor Lottieri,
oggi Formigoni ha detto che se ALitalia passa ai francesi, l'Italia perde 40 miliardi di euro in ricchezza nel prossimo decennio e perde dai 4000 agli 8000 posti di lavoro.
Allora, o Formigoni da i numeri oppure vendere ai francesi è una tragedia.
Opto per la prima risposta.
Formigoni sa benissimo che il problema non è la proprietà ma gli slot e le rotte internazionali.
Tanto lo sa che difende invece la proprietà, che in questo momento è appunto sua e del sindaco di Milano.
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