Microsoft ebbe i suoi buoni guai con l'Antitrust americano, per il bundling di Internet Explorer all'interno del suo sistema operativo. Netscape, l'operatore che all'epoca faceva la parte del leone fra i software per accedere ad Internet, riteneva una seria minaccia competitiva il fatto che l'impresa di Redmond non solo lanciasse un proprio browser nel mercato, ma lo inserisse a pieno titolo all'interno di Windows.
Il procedimento è stato intenso e appassionante, ma il teorema dell'accusa si è un po' sfarinato, al cospetto dell'evoluzione dei mercati. Cioè (1) i competitori non sono del tutto spariti di piazza: anzi (e sono molto migliorati di qualità: parola di un fedele utilizzatore di Firefox); (2) l'intuizione di base di Microsoft era giusta. L'utilizzo di Internet non è "altro" dal nostro avere un Pc: è parte integrante di qualsiasi funzione noi si pretenda di svolgere con un computer. Pertanto, l'inserimento di un browser nel sistema operativo, che permetta di inserire la spina e navigare sul web, migliora - e di molto! - la vita dell'utente.
Ora le stesse accuse di dieci anni fa vengono riproposte, un po' fuori tempo massimo, da Opera.
La cosa più curiosa mi sembra essere la dichiarazione di Jon von Tetzchner, CEO di Opera Software:
Abbiamo presentato questo esposto a nome di tutti i consumatori che si sono stancati di avere un monopolista che fa scelte per loro. Oltre a promuovere la libertà di scelta dei singoli consumatori, siamo impegnati negli standard Web aperti e nell'innovazione cross-platform. Non ci riposeremo finché non avremo fornito giuste ed eque opzioni di scelta ai consumatori di tutto il mondo.
Ora, la distinzione consumatori-produttori è sicuramente porosa (ognuno è consumatore di qualche cosa, e produttore di qualcosa d'altro) ma che dica di portare avanti un esposto "a nome dei consumatori di tutto il mondo uniti" l'amministratore delegato di una delle imprese che trarrebbe beneficio dall'accoglimento delle sue proteste, va ben oltre qualsiasi soglia minima di pudore.
Quando parlavamo di queste cose, alcuni anni fa, tendevano a ricordare al lettore che dopotutto è meglio avere un software in più gratis che uno in meno. E' un po' difficile che dall'avere qualcosa di più a costo zero il consumatore si senta "danneggiato". Adesso credo che il problema non possa neppure porsi in questi termini: semplicemente, l'accesso a Internet noi lo pretendiamo dal nostro sistema operativo, noi compriamo un pc per accedere a Internet perbacco!, non è più un passatempo fra tanti. La questione vera è un'altra: sono o non sono i produttori liberi di definire che cos'è il prodotto che essi vendono? Cioè, posso io scarparo dire che la scarpa che intendo vendere "contiene" anche i lacci, o no? Posso io produttore di computer vendere il mio laptop assieme ad un sistema operativo, perché mi sembra che quello sia il modo più appropriato e migliore per presentarlo al consumatore e incontrarne il favore? Posso io produttore di sistema operativo valutare che nel mio OS deve starci un browser integrato, e non uno strip poker, perché penso che sia questo che il mio consumatore vuole e desidera?
Rispondiamo pure di no, ma consci che non stiamo facendo "politica della concorrenza" ma semplicemente rigettando l'economia di mercato tout court.
sabato 15 dicembre 2007
Microsoft, la storia si ripete in farsa
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