sabato 15 dicembre 2007

Alitalia e la soluzione (all’) italiana

Il crollo in Borsa del titolo Alitalia non deve stupire, così come non deve stupire la continua invasione di campo dei politici.
La compagnia di bandiera italiana, se circa un anno fa, all’inizio della procedura di vendita, era una compagnia in stato comatoso, oggi è un vettore sull’orlo del fallimento.
Le disponibilità finanziarie a breve sono arrivate a circa 280 milioni di Euro, nel momento in cui continua a perdere circa 400 milioni di Euro l’anno; inoltre uno degli asset più importanti della compagnia aerea, gli aeromobili, hanno un’età media molto elevata, vicina ai 13 anni e quindi il valore della flotta è molto basso.
Gli unici asset importanti della compagnia, che peraltro non sono contabilizzati, sono gli slot nei principali aeroporti italiani. La compagnia ha inoltre 1,5 miliardi di debiti a medio lungo termine.
In questo contesto per nulla roseo si sta concludendo la vendita di Alitalia.

Il crollo del prezzo delle azioni è riferibile soprattutto alle indiscrezioni, non pienamente confermate da Alitalia, sulle offerte presentate dai due pretendenti in gara: AirFrance e Airone. L’offerta francese sembrerebbe valutare la compagnia circa mezzo miliardo di Euro, mentre l’offerta italiana valuterebbe il vettore di bandiera quasi zero. Da un punto di vista finanziario l’offerta più attraente sembrerebbe essere dunque quella del colosso europeo.
L’Amministratore Delegato Prato ha però ricordato, tramite un comunicato aziendale, che la vendita non sarà basata solo su dei contenuti finanziari, ma terrà in considerazione anche il contenuto industriale.

La seconda affermazione iniziale a questo punto si può meglio spiegare; i politici italiani hanno grande parte di responsabilità nell’aver portato la compagnia sull’orlo del fallimento. Per anni il vettore è stato visto come un giocattolo personale, senza contare che Alitalia era ed è una compagnia nel mercato europeo del trasporto aereo che aveva ed ha bisogno di un risanamento; così facendo negli ultimi nove anni la compagnia ha bruciato 3,3 miliardi di Euro (Vd. IBL Focus N°78).

Quasi ogni politico, di destra e di sinistra si sente un piccolo amministratore delegato della compagnia, quando l’unico azionista è il Ministro dell’Economia; solamente quest’ultimo dovrebbe avere l’ultima parola, insieme al Capo del Governo, Prodi.

La scelta di Prato, come amministratore delegato, nel mezzo di questa estate e dopo il fallimento della prima asta di vendita, ha dato un indicazione precisa: salvare la compagnia tramite la vendita. L’invasione di campo dei politici si è dunque spostata dalla gestione ordinaria della compagnia alla scelta dell’acquirente.

L’Amministratore Delegato dopo una valutazione durata tre mesi, sembra aver scelto la compagnia francese.
L’ultimo comunicato stampa di Alitalia del 14 Dicembre del corrente anno, ricalcando i punti principali del piano industriale presentato a Settembre, sembra dirlo quasi esplicitamente e risponde a tutti quei politici e ministri che si stanno spendendo per AirOne.

Alitalia afferma che il nuovo partner deve:

  • “migliorare la qualità dell’assetto della rete anche attraverso lo sviluppo di un hub che in prospettiva possa avvicinarsi per livelli dimensionali e numerosità delle connessioni ai principali scali europei”;
    La scelta è un solo hub, quello di Fiumicino, così come chiede AirFrance. La flotta di Alitalia infatti non permette di avere due hub, in quanto possiede solo 24 aerei a lungo raggio, contro i più di 150 del colosso francese.

  • “garantire alla Compagnia un modello di business ed una dimensione tale da poter essere attrice della competizione a livello globale;
    AirOne , pur supportato da grandi banche, produce ricavi per 610 milioni di Euro, inferiori alle perdite accumulate da Alitalia nel solo 2006 (626 Milioni di Euro). AirFrance sembra essere il solo operatore che può portare Alitalia a divenire parte di un business competitivo a livello globale. La quota di mercato in Europa della compagnia di bandiera italiana è di circa il 3 per cento, contro il 10 per cento di AirFrance e lo 0,7 per cento di AirOne (Vd. IBL Briefing Paper N°46). L’integrazione in Airone porterebbe a creare un campione nazionale con ben il 3,7 per cento della quota di mercato europea (non mondiale).

  • Portare “la generazione di importanti sinergie derivanti dall’integrazione dei network e delle strutture operative.”
    La francese AirFrance fa già parte della stessa alleanza di Alitalia, SkyTeam e una fusione tra le due compagnie porterebbe sicure sinergie; inoltre i network sono in parte già integrati. L’integrazione nell’italiana Airone potrebbe portare a delle possibili sinergie, ma porterebbe con sé anche il grande problema della riduzione della concorrenza sulle principali rotte domestiche, in particolar modo la Linate – Fiumicino.

In definitiva, il continuo procrastinare della scelta porta la Compagnia sempre più vicina al fallimento. In questa situazione così difficile, la minaccia dei sindacati di proclamare uno sciopero, vuole portare ad una soluzione tutta italiana, anzi all’italiana.

La paura di vendere all’invasore straniero è semplicemente la paura di perdere il controllo della compagnia sia da parte dei politici che da parte dei sindacati. Questi due attori sono gli stessi che hanno contribuito in maniera significativa ai 3,3 miliardi di Euro di perdite pagati dai cittadini - contribuenti italiani.

Se il Governo ha scelto questa estate un amministratore delegato “forte”, deve lasciare a Prato la decisione ultima di scelta del partner migliore per Alitalia.
Se così non fosse, lo stesso Governo perderebbe di credibilità…

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