Ma è interessante prendere atto di un paio di reazioni degli sfrattati. Marysa Moroni, figlia di Primo, ha espresso preoccupazione per la sorte dell'archivio del padre, «proprietà privata mia e di mia madre». I più arditi tra gli occupanti, invece, chiedono addirittura - in spregio del buon senso, oltreché del codice - il riconoscimento dell'avvenuta usucapione dello stabile.
C'è veramente molto di surreale nel bispensiero di questi signori, che esigono la tutela dell'istituto borghese per eccellenza, il diritto di proprietà, non soltanto dopo averne postulato per decenni l'abolizione, ma dopo averlo bellamente calpestato con l'occupazione.
Coloro che urlano, come fanno alcuni energumeni armati di kefiah su Facebook, «riappropriamoci dei nostri spazi, dei nostri diritti, perchè noi non vogliamo una Milano fatta solo di palazzi grigi e di locali costosi!» dovrebbero spiegare (a) cosa facevano quando alle elementari si spiegavano gli aggettivi possessivi, e (b) se abbiano mai pensato all'innovativa soluzione di affittare uno spazio, anziché requisirlo con la forza.
Purtroppo, è sempre valido l'antico adagio: «quel che è mio è mio...».
4 commenti:
necessita di verificare:)
La ringrazio per Blog intiresny
necessita di verificare:)
good start
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