L’anno appena concluso è stato certamente segnato dalla crisi del sistema finanziario; le enormi perdite che hanno caratterizzato i bilanci delle più importanti banche a livello planetario hanno mostrato l’inefficienza di talune gestioni.
La soluzione politica trovata, come più volte ricordato, è stata quella di salvare le banche tramite anche ricapitalizzazione pubbliche, rendendo il fallimento un’opzione non possibile e garantendo impunità alle gestioni fallimentari.
Se il 2008 è stato l’anno della crisi finanziaria, il 2009 quasi certamente sarà l’anno della recessione dell’economia. Gli indicatori mostrano che l’ultimo trimestre dell’anno è stato “pesantissimo” per tutte le economie, con tassi di decrescita del prodotto Interno Lordo che potrebbero toccare anche punte del – 5 per cento; inoltre l’anno appena cominciato non promette nulla di buono. Nel complesso la Commissione Europea prevede un PIL in diminuzione del 2 per cento in Europa.
La soluzione di molti Governi è stata quella di fare politiche di deficit spending, provocando buchi di bilancio statali che potrebbero raggiungere il 10 per cento in molti paesi occidentali. La Germania, paese leader dell’Unione Europea, potrebbe chiudere con deficit sotto la soglia del 3 per cento, nonostante “gli aiuti” promessi da Angela Merkel.
La Gran Bretagna, uno dei paesi più colpiti dalla crisi invece, dovrebbe chiudere con un “buco” di quasi nove punti percentuali; il “vantaggio” del Regno Unito è quello di non fare parte dell’Euro e può quindi utilizzare la svalutazione della propria moneta come ulteriore arma in risposta della crisi. Tuttavia come insegna l’Italia, la svalutazione competitiva non è un’ottima arma perché non permette alle aziende di ristrutturarsi in periodi di crisi e a medio termine è presente il rischio concreto che tale arma diventi a “doppio taglio”.
Se la Germania è relativamente parca nel deficit spending, altri Stati dell’Unione Europea non hanno lo stesso atteggiamento.
Non è un caso che la crisi sta portando a spread sui titoli decennali molto elevati verso Paesi quali la Grecia, l’Irlanda o il Portogallo e anche la stessa Italia che risente di un debito pubblico troppo elevato.
Se il 2009 è un anno difficile dentro l’Unione Europea, i maggior problemi potrebbero invece derivare dall’economia che più è cresciuta negli ultimi decenni: la Cina.
Nel paese asiatico, dopo la liberalizzazione economica voluta nel 1978 da Deng Xiao Ping, la crescita economica è stata quasi sempre continua per circa 30 anni, portando fuori dalla povertà decine di milioni di cinesi. Nell’ultimo trimestre del 2008 il gigante asiatico ha visto il rallentamento del PIL fino al 6,8 per cento; questo dato, così eclatante per le economie occidentali, per la Cina in realtà è un dato molto preoccupante. Ora, la Cina necessita di una crescita economica continua per soddisfare i milioni di persone che dalle campagne vanno a cercare lavoro nelle grandi città, ma se la crescita si ferma c’è il rischio di insorgenza di gravi problemi, non solo per i cinesi, ma per tutto il mondo.
La crescita annua è stata superiore al 9 per cento nel 2008, ma il 2009 potrebbe essere l’anno della frenata cinese, con il Pil che potrebbe arrestarsi.
Altri indicatori che arrivano dall’Asia sono preoccupanti; l’export giapponese è caduto gravemente nell’ultimo trimestre, la Corea del Sud sta entrando in recessione e il quadro nell’economia asiatica è molto fosco. La Cina, che commercia sempre più con i partner della zona risentirà certamente della recessione dei paesi vicini.
L’ultimo rallentamento economico in Cina si è avuto dopo 10 anni di crescita continua ed è coincisa con la prima protesta organizzata culminata nei tragici fatti di Tienanmen. Alcuni studi indicano che c’è una certa correlazione tra libertà economica e libertà civile, ma questa correlazione diventa presente ed evidente solo nel momento in cui si evidenzia una crisi economica.
Il 2009 forse vedrà finalmente l’aumento delle libertà civili in Cina, ma c’è il concreto rischio di una forte instabilità nel paese asiatico che potrebbe portare a delle conseguenze molto gravi.
Cosa si può fare? In questo periodo di crisi e di contrazione dell’export è necessario abbassare tutti i dazi doganali e le barriere esistenti nel commercio internazionale. Solo in questo modo si può sperare che le esportazioni possano riprendersi il più velocemente possibile. Alzare le protezioni potrebbe aggravare maggiormente la crisi ed è bene ricordare che negli anni ’30, la “Grande Depressione” fu peggiorata dall’innalzamento delle barriere doganali e la conclusione fu una terribile guerra mondiale.
La prossima riunione del G8 deve quindi dare l’impulso alla ripresa del Doha Round affinché si liberalizzi il commercio internazionale piuttosto che imporre un’altro eccesso di regolazione.
Vediamo se Barack Obama, assistito dall’Europa, sarà in grado di assicurare il cambiamento promesso e necessario.
La soluzione politica trovata, come più volte ricordato, è stata quella di salvare le banche tramite anche ricapitalizzazione pubbliche, rendendo il fallimento un’opzione non possibile e garantendo impunità alle gestioni fallimentari.
Se il 2008 è stato l’anno della crisi finanziaria, il 2009 quasi certamente sarà l’anno della recessione dell’economia. Gli indicatori mostrano che l’ultimo trimestre dell’anno è stato “pesantissimo” per tutte le economie, con tassi di decrescita del prodotto Interno Lordo che potrebbero toccare anche punte del – 5 per cento; inoltre l’anno appena cominciato non promette nulla di buono. Nel complesso la Commissione Europea prevede un PIL in diminuzione del 2 per cento in Europa.
La soluzione di molti Governi è stata quella di fare politiche di deficit spending, provocando buchi di bilancio statali che potrebbero raggiungere il 10 per cento in molti paesi occidentali. La Germania, paese leader dell’Unione Europea, potrebbe chiudere con deficit sotto la soglia del 3 per cento, nonostante “gli aiuti” promessi da Angela Merkel.
La Gran Bretagna, uno dei paesi più colpiti dalla crisi invece, dovrebbe chiudere con un “buco” di quasi nove punti percentuali; il “vantaggio” del Regno Unito è quello di non fare parte dell’Euro e può quindi utilizzare la svalutazione della propria moneta come ulteriore arma in risposta della crisi. Tuttavia come insegna l’Italia, la svalutazione competitiva non è un’ottima arma perché non permette alle aziende di ristrutturarsi in periodi di crisi e a medio termine è presente il rischio concreto che tale arma diventi a “doppio taglio”.
Se la Germania è relativamente parca nel deficit spending, altri Stati dell’Unione Europea non hanno lo stesso atteggiamento.
Non è un caso che la crisi sta portando a spread sui titoli decennali molto elevati verso Paesi quali la Grecia, l’Irlanda o il Portogallo e anche la stessa Italia che risente di un debito pubblico troppo elevato.
Se il 2009 è un anno difficile dentro l’Unione Europea, i maggior problemi potrebbero invece derivare dall’economia che più è cresciuta negli ultimi decenni: la Cina.
Nel paese asiatico, dopo la liberalizzazione economica voluta nel 1978 da Deng Xiao Ping, la crescita economica è stata quasi sempre continua per circa 30 anni, portando fuori dalla povertà decine di milioni di cinesi. Nell’ultimo trimestre del 2008 il gigante asiatico ha visto il rallentamento del PIL fino al 6,8 per cento; questo dato, così eclatante per le economie occidentali, per la Cina in realtà è un dato molto preoccupante. Ora, la Cina necessita di una crescita economica continua per soddisfare i milioni di persone che dalle campagne vanno a cercare lavoro nelle grandi città, ma se la crescita si ferma c’è il rischio di insorgenza di gravi problemi, non solo per i cinesi, ma per tutto il mondo.
La crescita annua è stata superiore al 9 per cento nel 2008, ma il 2009 potrebbe essere l’anno della frenata cinese, con il Pil che potrebbe arrestarsi.
Altri indicatori che arrivano dall’Asia sono preoccupanti; l’export giapponese è caduto gravemente nell’ultimo trimestre, la Corea del Sud sta entrando in recessione e il quadro nell’economia asiatica è molto fosco. La Cina, che commercia sempre più con i partner della zona risentirà certamente della recessione dei paesi vicini.
L’ultimo rallentamento economico in Cina si è avuto dopo 10 anni di crescita continua ed è coincisa con la prima protesta organizzata culminata nei tragici fatti di Tienanmen. Alcuni studi indicano che c’è una certa correlazione tra libertà economica e libertà civile, ma questa correlazione diventa presente ed evidente solo nel momento in cui si evidenzia una crisi economica.
Il 2009 forse vedrà finalmente l’aumento delle libertà civili in Cina, ma c’è il concreto rischio di una forte instabilità nel paese asiatico che potrebbe portare a delle conseguenze molto gravi.
Cosa si può fare? In questo periodo di crisi e di contrazione dell’export è necessario abbassare tutti i dazi doganali e le barriere esistenti nel commercio internazionale. Solo in questo modo si può sperare che le esportazioni possano riprendersi il più velocemente possibile. Alzare le protezioni potrebbe aggravare maggiormente la crisi ed è bene ricordare che negli anni ’30, la “Grande Depressione” fu peggiorata dall’innalzamento delle barriere doganali e la conclusione fu una terribile guerra mondiale.
La prossima riunione del G8 deve quindi dare l’impulso alla ripresa del Doha Round affinché si liberalizzi il commercio internazionale piuttosto che imporre un’altro eccesso di regolazione.
Vediamo se Barack Obama, assistito dall’Europa, sarà in grado di assicurare il cambiamento promesso e necessario.
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