mercoledì 8 ottobre 2008

Un prezzo per l'acqua

Dare un prezzo all'acqua? Questa domanda è al centro del dibattito inaugurato dall'Economist tra i lettori. A favore del liberismo idrico, interviene Steve Hoffman, direttore di WaterTech Capital e co-fondatore di Palisades Water Index Associates; contro, Vandana Shiva, direttore delle ricerche per la Foundation for Science, Technology & Natural Resource Policy. Qui si trova la replica di Hoffman a Shiva, e qui quella di Shiva a Hoffman. Sul tema della privatizzazione dell'acqua, avevamo pubblicato tempo fa un Briefing Paper di Giorgio Bianco, che mi sembra ancora attuale. Sulla questione, distinta ma parallela, della liberalizzazione dei servizi idrici, segnalo invece il capitolo dell'Indice delle liberalizzazioni 2008 curato da Rosamaria Bitetti (sul nesso tra liberalizzazioni e privatizzazioni, suggerisco la parte dedicata a questo tema del Position Paper di Luigi Ceffalo sul ddl Lanzillotta). Comunque, a me pare che la questione sia piuttosto semplice: l'acqua è una risorsa scarsa, e come tale dovrebbe essere trattata. Alle richieste di quanti credono sia un bene "universale" e che come tale dovrebbe essere gestito - per esempio garantendo accesso libero e gratuito a tutti - si può rispondere in due modi. Su un piano pratico, ciò semplicemente non è possibile, e anche quando lo è (come nei paesi industrializzati) implica grandi e ingiustificate inefficienze (come le perdite dalla rete idrica italiana dovrebbero sempre ricordarci). Sotto un profilo più teorico, trattare l'acqua come un "diritto" ne tradisce la natura di risorsa scarsa, e può avere un duplice esito: o il sovraconsumo (che porta al razionamento, nel lungo termine); oppure il razionamento immediato, con l'allocazione politica di un tot di acqua a ciascun consumatore. Evidentemente, qualunque cosa sia la giustizia, nessuna di queste soluzioni la rispecchia. Altro discorso è, invece, porre il problema dell'aiuto a chi ha difficoltà finanziarie. Posto che, a mio avviso, questo non è un problema di acqua in senso stretto, ma di povertà, e quindi andrebbe e potrebbe essere risolto ponendo in essere quelle misure che hanno l'effetto di stimolare la crescita economica; posto ciò, ci sono molte forme di intervento pubblico (a partire dall'erogazione di sussidi in moneta) che non richiedono né la nazionalizzazione dell'acqua, né la sua gestione pubblica. In ogni caso, tutto questo era finalizzato a dire una sola cosa: i lettori dell'Economist sembrano oggi considerare più convincenti le tesi di Vandana Shiva, che (mentre scrivo) godono del 49 per cento del consenso. C'è tempo fino al 10 ottobre per rovesciare il trend. Votate, votate, votate.

(Crossposted @ RealismoEnergetico.org)

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