giovedì 23 ottobre 2008

La paura della recessione fa bene solo alla politica

La crisi del sistema finanziario certamente avrà dei riflessi sull’economia reale; si sente parlare spesso di recessione globale in atto, ma queste affermazioni sono totalmente errate.
Il punto di partenza è cosa s’intende per recessione. La definizione economica prevede che per due trimestri consecutivi il prodotto interno lordo sia in diminuzione.

La seconda questione pone la questione su quali Paesi siano oggi ufficialmente in recessione. I dati disponibili si fermano a metà del 2008, al secondo trimestre, ma questi sono sufficienti per “controllare” quali economie possano essere già cadute in recessione nel terzo trimestre e quali no.
In recessione si trovano tre paesi europei, quali l’Irlanda, l’Estonia e la Lituania. Altri due paesi hanno conosciuto un periodo di recessione tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 e sono l’Islanda e la Danimarca.

Ma quali sono i paesi che certamente non possono essere in recessione in questo momento?
Dall’analisi dell’andamento trimestrale del PIL risulta evidente che gli Stati Uniti non possono essere tecnicamente in recessione, così come la Spagna e molti altri paesi europei.
Gli Stati che più rischiano di essere caduti in recessione sono i principali paesi della “vecchia Europa”: Italia, Germania e Francia. Non è possibile fare previsioni se questi paesi conosceranno una caduta del Pil per due trimestri consecutivi, anche perché i dati sono contrastanti.
La crisi finanziaria potrebbe aver causato un rallentamento economico, ma alcuni dati, quali la produzione industriale o le vendite al dettaglio in Europa sono positivi. Si denota invece un rallentamento dell’export tra l’Europa e il resto del mondo in agosto.

Questa veloce analisi dei dati non pregiudica il fatto che a fine dell’anno corrente anche gli Stati Uniti non possano cadere in recessione, ma vuole fare il punto della situazione e sfatare alcuni miti.

Nel complesso l’economia mondiale l’anno prossimo non dovrebbe più crescere a livelli record come nel corso degli ultimi anni (grazie soprattutto alla globalizzazione), ma l’incremento del PIL potrebbe attestarsi intorno al 2 – 2,5 per cento (stima UBS).
Mancherà il traino probabilmente delle economie sviluppate, ma diversi paesi emergenti dovrebbero continuare a fare crescere il PIL nel mondo. Non è un caso che se gli scambi tra USA e gli Stati dell’area Euro sono sostanzialmente stabili, l’interscambio commerciale europeo cresce a doppia cifra verso Cina (dove l’export europeo cresce a tassi percentuali più che doppi rispetto all’import), India e altre economie emergenti.

Un ultima precisazione circa il tasso di cambio euro dollaro; in questo periodo il deprezzamento dell’Euro potrebbe essere spiegato sia dal fatto che il mercato si aspetta un rallentamento europeo maggiore a quello americano, sia al fatto che il deficit commerciale degli Stati Uniti si sta riducendo nei primi mesi del 2008 nei confronti dei Paesi dell’area Euro.
C’è da tener conto inoltre del tasso d’interesse americano è già a livelli molto bassi (1,5 per cento), mentre quelli decisi dalla BCE sono ancora al 3,75 per cento e potrebbero scendere nei prossimi mesi. L’enorme iniezione di liquidità nel sistema bancario probabilmente è andata maggiormente verso gli Stati Uniti che nella zona Euro.


Il rallentamento economico in atto, forse la recessione di alcune economie sviluppate nel 2009 e la crisi del sistema finanziario vuole davvero essere risolto tramite politiche di maggior intervento pubblico e spesso politico nell’economia?
Rispondo con una domanda: perché l’Italia cresce da decenni meno di tutti gli altri principali paesi?

La paura della recessione fa sicuramente bene alla politica.

1 commento:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu