Certi quotidiani, dopo l’incontro a Milano presso la sede di Intesa San Paolo tra l’advisor e gli investitori, hanno presentato questi ultimi come “capitani coraggiosi”.
La domanda da porsi è semmai se bisogna parlare di capitani coraggiosi o di “Governo rinunciatario”; la soluzione che sembra essere uscita in questa terza fase di privatizzazione è figlia dell’urgenza e della crisi sempre più profonda in cui si trova Alitalia.
Gli investitori metterebbero circa un miliardo di euro per il rilancio della Newco AliOne, mentre la Bad Company verrebbe commissariata e lasciata sulle spalle dei contribuenti, che hanno già versato miliardi di euro negli ultimi lustri per mantenere in vita una compagnia fallimentare.
Il Governo non può che accettare la soluzione proposta dall’advisor, pena il fallimento della compagnia che rischia di chiudere il primo semestre con circa 400 milioni di euro di rosso, dopo i 495 milioni di euro del 2007. In un mio intervento precedente su il sussidiario parlavo di impasse e osservavo che bisognava solamente vedere chi tra Governo ed investitori avrebbe ceduto per primo.
I vecchi debitori di Alitalia non potranno rivalersi sulla nuova AliOne e tutti i debiti di Alitalia rimarranno a carico dello Stato; anche il prestito ponte rimarrebbe nel ramo aziendale fallimentare e quasi certamente i 300 milioni di euro non rientreranno più nelle casse del Ministero delle Attività produttive.
Non vi è inoltre ancora la certezza dell’entrata di un player internazionale, proprio nel momento in cui il mercato del trasporto aereo conosce una crisi molto profonda dovuta al caro carburante e di conseguenza si consolida. Lufthansa, che sembrava il maggior pretendente di AliOne, sembra essere più interessata ad Austrian che ad Alitalia; questo non deve stupire perché la compagnia austriaca fa parte della stessa alleanza globale del vettore tedesco.
I punti deboli sono innumerevoli ed inoltre l’investimento di solo un miliardo di Euro è poca cosa se confrontato ai 6,5 miliardi di Euro che AirFrance voleva investire nella compagnia italiana.
Si potrebbe confrontare l’offerta del primo gruppo europeo con la nuova cordata tutta italiana solo per il numero di licenziamenti, ma sarebbe un’analisi poco approfondita.
Il gruppo franco-olandese prevedeva infatti esuberi per circa 2 mila dipendenti, ma non avrebbe acquistato solo Alitalia Fly più la manutenzione; sarebbero rimasti ulteriori esuberi a carico di Alitalia Servizi nell’ordine di altri 2 mila dipendenti. Questa cifra è tuttavia inferiore a quella che sembra uscire dal “Piano Fenice”.
Alitalia e AirFrance – KLM fanno parte della stessa alleanza, SkyTeam, e un’acquisizione avrebbe avuto un senso anche per il coordinamento delle rotte e del code sharing già esistente tra le due compagnie.
Nei prossimi giorni si deciderà il futuro di Alitalia, ma la soluzione trovata sembra essere favorevole a dei capitani fortunati più che coraggiosi e definisce un Governo, che nel segno dell’italianità, brucia gli ennesimi soldi in una compagnia che sarebbe dovuta fallire anni fa.
L’ultima questione riguarda i sindacati. Nelle ultime settimane si sono fatti “sentire” poco; la soluzione prospettata dall’advisor è sicuramente peggiore per i lavoratori di Alitalia, ma forse questo ai sindacati poco importa. L’italianità dell’azienda potrebbe lasciare ai sindacati quel controllo, anche se minore, che tanti danni ha prodotto per la compagnia aerea.
Non conviene loro inoltre “protestare” troppo poiché sono stati i principali responsabili del fallimento delle trattative con AirFrance e il fallimento della terza fase di privatizzazione farebbe portare i libri in tribunale a tutta Alitalia.
In questa privatizzazione i capitani coraggiosi diventano fortunati, il Governo privatizzatore diventa rinunciatario e i contribuenti diventano più poveri ancora una volta…