- La Stampa riferisce che, secondo Intesa, alle condizioni attuali del mercato, della legislazione e dell'azienda nessun investitore è disponibile a entrare nel capitale. Non ci si poteva attendere nulla di diverso: tre mesi fa il pretendente era uno solo ed è stato cacciato in malo modo; da allora il prezzo del petrolio è schizzato alle stelle e Alitalia ha perso (in aprile e maggio) un milione e ottomila passeggeri, corrispondenti ad un -24% rispetto allo stesso bimestre del 2007. La quota di mercato di Alitalia, calcolata sui passeggeri, è stata in maggio, secondo le stime CRIET-Università Bicocca, solo del 17,3%, il suo minimo storico (era attorno al 23,7% nel IV trimestre 2007).
- Cosa si può fare allora? Dato che le condizioni del mercato non le può modificare, per fortuna, né Sant'Intesa né San Tremonti, l'obiettivo è, secondo Repubblica, di agire sul fronte della legislazione e su quello del perimetro aziendale. Nel primo caso si tratterebbe di adattare ad hoc la legge Marzano: "I tecnici legislativi dei ministeri interessati ... pensano a una norma che renda più celere il ricorso all'amministrazione straordinaria evitando il rischio che i debiti (Alitalia ne è oberata) possano trasferirsi sui nuovi soci, compromettendo il progetto di rilancio. Sarà questo un passaggio-chiave perché il successivo commissario nominato dal governo possa cedere ai potenziali offerenti la nuova compagnia". Nel secondo caso si tratta di ritagliare tra gli asset di Alitalia quelli utili alla costruzione di una new company (in particolare marchio, rotte e clientela) che sarà offerta alla cordata di nuovi azionisti. La parte residuale, bad company (con debiti, esuberi e attività in perdita) rimarrà a carico, in un modo o nell'altro del contribuente (liquidazione e/o mantenimento di servizi non profittevoli nell'orbita delle partecipazioni statali).
- Esuberi: le cifre, ragionevoli, che circolano oscillano tra le 4 e le 7 mila unità, due-tre volte gli esuberi del piano Air France, ma Bonanni ha già detto che con 4 mila i sindacati si possono comunque sedere al tavolo delle trattative. Perchè questa diversità di giudizio rispetto all'alzata di scudi sindacale su Air France? E' semplice: nel nuovo progetto verrebbero attivati adeguati ammortizzatori sociali, sempre con oneri a carico del contribuente, al momento non esistenti per il settore; inoltre i sindacati, tradizionali detentori della golden share sull'azienda, continuerebbero a svolgere un ruolo di primo piano, il contrario di quanto si sarebbe verificato con la vendita ad Air France.
- New company: la new company è in realtà Airone, adeguatamente rafforzata con gli asset utili di Alitalia, in particolare marchio, slot aeroportuali e clientela. La clientela, in particolare, sommata a quella di Airone, garantisce alla new company un quasi monopolio sulle più frequentate rotte nazionali. In sostanza l'operazione di alta sartoria aziendale affidata da San Tremonti a Sant'Intesa consiste nel ritagliare un vestito che renda attraente Airone con i pochi pezzi buoni rimasti ad Alitalia. Anche qui non ci si poteva attendere nulla di diverso, dato il rapporto che lega da tempo Intesa con Airone e l'italica indifferenza ai conflitti d'interesse.
- Capitali freschi: considerato che il commissario di Alitalia e Toto conferiranno beni patrimoniali in natura, di soldi freschi per ora se ne intravvedono davvero pochi. Secondo i dati di Repubblica la colletta tra i 'capitalisti' tricolori porterebbe a circa 700 milioni di euro, ben poco rispetto alle esigenze di rilancio di Alitalia e comunque una frazione dell'impegno finanziario contenuto nella proposta di fine marzo scorso di Air France.
- Successo dell'operazione: molto incerto se si considera che il secondo trimestre di Alitalia è andato particolarmente male. Infatti, mentre dal lato dei costi gli eventuali risparmi derivanti dalla contrazione dell'offerta di Alitalia a partire dall'avvio dell'orario estivo dovrebbero essere stati interamente annullati dai rincari del combustibile, sul fronte dei ricavi occorre considerare la riduzione della domanda il cui ordine di grandezza è attorno al 20%. Su base trimestrale si tratta di circa 200 milioni di euro di ricavi in meno che si dovrebbero essere interamente riverberati sul risultato ante imposte. Nel II trimestre 2007 esso è stato negativo per circa 70 milioni di euro; nel II trimestre 2008 dubito che possa essere più contenuto di 270-300 milioni di euro. A tale cifra occorre aggiungere il risultato negativo ante imposte del I trimestre, pari a 214 milioni; si arriva in conseguenza, nella migliore delle ipotesi, a 500 milioni di perdita per il I semestre (ma potrebbero essere anche 550) con una probabilità di 900 milioni, un miliardo di perdita a fine 2008 in assenza di significativi interventi di ristrutturazione, dei quali non si vede avvisaglia, e di una ripresa del traffico passeggeri, anch'essa improbabile se si considera che l'intero mercato italiano del trasporto aereo si sta fermando (il tasso di crescita su 12 mesi è in riduzione da diversi mesi e in giugno si è attestato al +0,7%, contro circa un +6% per il resto dell'Europa).
Previsione: una volta resi noti i dati di bilancio del primo semestre è probabile che molti degli ipotetici partecipanti alla cordata tricolore ritirino rapidamente la loro disponibilità, impedendo all'accoppiata S. Intesa-S. Tremonti di fare l'atteso miracolo.
Commento-domanda finale: l'ultimo treno transitato alla Magliana era Air France; perché lo si è lasciato scappare?
1 commento:
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scusa mio cattivo italiano
arrive detche
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