sabato 16 agosto 2008
La cultura tra opposte tifoserie
Un gol è stato indubbiamente realizzato: i marcatori sono stati Gabriella Carlucci e Willer Bordon (con un'azione simile a quella dei gemelli Derrick la rete ovviamente va attribuita ad entrambi). Arbitro e guardalinee prima hanno convalidato, poi annullato per sospetto fuorigioco e infine decretato valida la rete. Insomma, l'approvazione del tax shelter e del tax credit a favore del cinema rappresenta un fatto estremamente positivo. Nonostante l'iter sia stato alquanto problematico (le misure sono state introdotte, poi parzialmente abrogate e infine ri-approvate) le nuove agevolazioni fiscale a favore della settima arte contribuiranno a sostenere la rinascita della nostra cinematografia nazionale. Ma se dalla curva della squadra governativa si esulta (giustamente! chi non esulterebbe dopo aver fatto gol?) dall'opposta tifoseria si alzano cori di scherno contro i novelli Jason e James Derrick. Da una parte dunque l'On. Carlucci si rammarica per la reazione dell'opposizione (lo ha fatto in questo articolo comparso su Il Riformista) dall'altra la Prof.ssa Rita Borioni risponde alle accuse della Carlucci dal suo blog (con questo post). Nessuno impone alla Borioni di esultare. Il problema è che sostiene che quello realizzato non è un gol ma al limite una normale azione di gioco, ma soprattutto arriva a criticare duramente l'attuale governo per essersi prodotto in un clamoroso autogol. Il ministro Bondi come il goffo Bruce Harper? Dipende. Sicuramente dagli spalti occupati dai tifosi della squadra in maglia rossa ogni volta che si tagliano di un centesimo di euro gli stanziamenti alla cultura si grida allo scandalo. E giù con la solita litania: "il governo di centrodestra è insensibile alla cultura, i musei dovranno chiudere, i siti archeologici verranno lasciati a loro stessi, i restauri bloccati, eccetera eccetera". Se in altri settori anche a sinistra si comincia a vedere di buon occhio, seppur timidamente, liberalizzazioni e privatizzazioni (Il liberismo è di sinistra?), in ambito culturale si continua a reclamare il massimo intervento da parte dello Stato. I soldi sono sempre pochi e il ruolo della mano pubblica sempre insufficiente. Un bell'articolo di Salvatore Settis (questo) simboleggia bene (ma involontariamente) l'atteggiamento appena descritto. Settis critica duramente i "maxitagli" riservati ai Beni culturali, sostenendo che non ci sono alternative al massiccio intervento dello Stato. Per arrivare a questa conclusione passa in rassegna le varie ipotesi che potrebbero intervenire in caso di dileguamento del settore pubblico. Ipotesi uno: se lo Stato si dilegua arriveranno i privati. Ipotesi due: per sostituire lo Stato in ritirata ci si potrebbe affidare a fondazioni museali a partecipazione mista, pubblico-privata. Ipotesi tre: la devoluzioni dei beni culturali alle Regioni. Per Settis queste alternative sono al momento inapplicabili (e nell'articolo sopra citato spiega il perchè). Per lui, l'unica strada da percorrere è quella di aumentare le risorse da destinare alla cultura (che ora sono ferme allo 0,28 per cento del Pil). E questo è anche il pensiero dominante, che trova ampio sostegno nei settori intellettuali legati alla sinistra. Ma quale dovrebbe essere una politica culturale di un governo alternativo alla sinistra? Innanzi tutto credo si dovrebbero abbattere quegli ostacoli che rendono difficile il realizzarsi delle tre ipotesi menzionate da Settis. Se si fatica a sostituire il pubblico con il privato allora andrebbero attuati degli incentivi per invertire questo fenomeno. Si potrebbe cominciare dal fisco. Ovvero dalla detassazione totale delle donazioni a musei, teatri, ecc. Le fondazioni museali a partecipazione mista esistono. Esiste quella legata al museo Egizio di Torino. Perché non prendono piede? Probabilmente per la difficoltà di trovare capitali privati. Anche in questo caso sarebbe allora buona cosa creare incentivi. Infine, va senza dubbio sostenuto un maggior coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali nella tutela e della valorizzazione dei beni culturali. La riduzione delle risorse per la cultura e il ridimensionamento del ruolo dello Stato sono allora da vedersi non come una immane tragedia ma come una possibilità per gestire finalmente con logiche nuove il nostro patrimonio. È un lavoro difficile, che richiede coraggio e capacità d’azione. Forse il ministro Bondi non ha la determinazione di Mark Lenders ma può dar vita a un nuovo corso, impostando quelle riforme necessarie per tramutare quello che secondo molti è un autogol del governo in una esemplare nuova tattica di gioco.
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